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Sotto cieli rossi. Diario di una millennial cinese (Bollati Boringhieri, 2020) apre una finestra sulla vita di una giovane cinese, sulla sua famiglia, sulla sua educazione, sui suoi atteggiamenti e sulle sue prospettive. L’autrice, Karoline Kan, si auspica di stimolare così la voce di altri millennial cinesi, andando a comporre il ritratto corale di un’umanità variegata e superando una certa ritrosia a ripercorrere un passato spesso traumatico. Allo stesso tempo, scegliendo di scrivere in inglese, la scrittrice si rivolge a un pubblico globale e lo invita a immedesimarsi e comprendere.
Karoline Kan offre il punto di vista particolare di figlia secondogenita nata in campagna ed emigrata in città. In quanto figlia, affronta una tradizione che predilige l’erede maschio e impone al suo genere un ideale di obbedienza e pudicizia; in quanto secondogenita, contravviene alla politica del figlio unico e ottiene il diritto all’esistenza grazie alla determinazione e alle connessioni della madre; in quanto nata in campagna, è provvista di uno hukou rurale che le nega l’accesso ai servizi di base una volta emigrata in città.
Karoline Kan appartiene a una generazione che gode dei benefici economici del periodo di riforme e apertura frutto del fermento sociale dei movimenti degli anni ’80, a cui però non ha partecipato. I millennials cinesi sono i primi a vivere in un’epoca di crescita rapida, stabile e costante, e a potersi dedicare al consumo. Subiscono, però, gli effetti della reazione del potere dopo il 1989: a partire dal programma di educazione patriottica nelle scuole fino all’addestramento militare obbligatorio durante il primo anno di università.
L’autrice è un’acuta osservatrice dotata di spirito critico e il racconto degli eventi personali diventa così terreno fertile per ragionare su argomenti generali, quali la persistenza della tradizione, la condizione della donna, la politica del figlio unico e lo sbilanciamento del rapporto tra i sessi, la corruzione diffusa, il gap generazionale, il divario tra cittadini urbani e migranti interni. E ancora, questioni che riguardano i giovani in prima persona come la competitività del sistema scolastico, la demonizzazione delle relazioni adolescenziali e la conseguente assenza di educazione sessuale, il controllo capillare del Partito sulla società e la censura su tematiche ritenute sensibili. Questa esposizione dei lati oscuri, tuttavia, non la colloca in automatico tra le fila dei dissidenti. Karoline Kan scrive, “Con i miei amici cinesi e la mia famiglia mi lanciavo spesso in critiche contro il governo. Con Andrew, tutto il contrario. Mi ritrovavo sempre a difendere il mio Paese.” (p.255)
In generale, la chiave di lettura principe del libro rimane la condizione femminile all’interno della società cinese. Si potrebbe allora collocare in continuità temporale rispetto a Cigni selvatici. Tre figlie della Cina di Jung Chang.
Sotto cieli rossi. Diario di una millennial cinese si è aggiudicato lo Young China Watcher of the Year 2019. La traduzione in lingua italiana è a opera di Benedetta Gallo.