“一路平安” è il corrispettivo cinese del nostro “buon viaggio”. Si legge “yīlùpíng’ān” ed è composto dai caratteri di “uno”, “strada”, “sano e salvo”. Credo sia conveniente per descrivere questa serie di brevi scritti sulla mia nuova vita da studente in mobilità a Pechino (北京, letteralmente “capitale del nord”).
La Cina non è poi così vicina. Con il veicolo di trasporto di massa più veloce inventato finora dall’uomo, cioè l’aereo, si impiegano almeno 10 ore per viaggiare tra l’Italia e la Cina. Bisogna inoltre considerare, così da evitare di svegliare qualcuno nel cuore della notte, 6 ore di fuso orario, che diventano 7 in inverno poiché qui non entra in vigore l’ora legale. Consiglio personale: il miglior metodo che ho trovato per far scorrere l’interminabile volo intercontinentale è guardare i film gentilmente offerti dalla compagnia di volo. Per esempio, io ne ho approfittato da un lato per gustarmi alcune ultime uscite, dall’altro per godere di un ultimissimo scorcio d’Italia grazie a “Letters to Juliet”. Abbastanza romantico, ma consigliato.
Pechino è, in una parola, enorme. La sola municipalità occupa una superficie superiore a quella del Montenegro, mentre la popolazione è pari a quelle combinate di Belgio e Portogallo. Presentando un paragone tutto nostrano, è come concentrare un terzo degli italiani nel Lazio (ora ne ospita un decimo). Risulta naturale che la prima impressione una volta messo piedi fuori dall’aeroporto – discretamente affollato con 96 milioni di passeggeri serviti nel 2017 – sia di puro smarrimento.
La prima sfida in terra cinese è raggiungere la città. Tra la Capital Normal University, l’università in cui sono ospitato, e l’aeroporto, infatti, corrono ben 40 km. Esiste l’Airport Express, una metropolitana rapida e pulita che in mezz’ora ti porta alla stazione di 东直门 per la modica cifra di 25¥ (al cambio, 3,25€), tuttavia la presenza di due ingombranti valigie da 23 kg cadauna mi imponeva la ricerca di un taxi. Fortunatamente, ho incontrato l’aiuto di alcuni compagni di università. La ricerca di un taxi all’aeroporto internazionale di Pechino, in realtà, è semplicissima. Si può prenotare attraverso l’app – ne parlerò in una puntata successiva – oppure basta scendere all’ultimo piano del terminal, dove gruppi di 6 taxi si alternano “ordinatamente” in attesa dei clienti. Bisogna evitare in ogni modo, invece, di cadere nella rete dei taxi neri, tassisti abusivi che praticano tariffe da strozzini. Nonostante l’apparenza accondiscendente e la disponibilità nel portarvi le valigie, una corsa da 120¥ può arrivare a costare con loro anche 500¥. Non proprio conveniente!
di Cheng Hao Xu