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#7. Gli anni

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Tempo di lettura: 2 minuti

Sono inciampata in questo libro quasi per caso. Nelle giornate d’ansia che hanno preceduto il mio primo esame all’università, presa dalla concitazione di essermi persa qualcosa di importante, ho scaricato in fretta e furia sul computer tutti i materiali online del corso, ed ecco lì, quasi nascosto tra le decine di altre pagine, un brano da «Gli anni». Sono stata fortunata a non aver trovato subito il libro in biblioteca: altrimenti avrei sicuramente lasciato perdere la preparazione del mio esame per immergermi fin negli abissi della scrittura di Annie Ernaux.

Da avida lettrice di Elena Ferrante, tra le pagine de «Gli anni» mi sono subito sentita come al ritorno a casa dopo un lungo viaggio: ecco finalmente tornare, dopo le incursioni degli ultimi mesi in terre letterarie più fredde e meno familiari, l’abbraccio avvolgente di una scrittura chiara e pulita – un piano solido cui aggrapparsi per non essere travolti dal fiume dei ricordi evocati dalle pagine.

Gli anni che danno il titolo al volume l’autrice si arrende subito a non poterli catturare, li sa evanescenti e scivolosi tra le dita. L’unico modo, allora, per farli propri è richiamarli alla memoria per immagini successive, studiando la propria figura che cresce attraverso le fotografie dell’album di famiglia.

Anche l’identità, però, è sfuggente: non riesce nemmeno a conquistarsi la prima persona, l’io della narrazione. A rievocare un secondo novecento francese vissuto fino all’ultima briciola con vivida lucidità è invece un “noi” dai contorni sfumati, una macchia confusa in cui la memoria personale si perde in quella collettiva dando vita al ricordo di emozioni soffuse, quasi fossero state soltanto osservate dall’esterno e non vissute, quasi non dovessero sopportare il peso di tenere in piedi una vita intera.

Tra le pagine non è raro incappare in qualche déja-vu e riconoscere in mezzo alla folla di volti, di luoghi e momenti qualcosa di nostro, le parole di un amico o di un parente, un paesaggio o una sensazione sentiti raccontare da altri – magari proprio mentre eravamo seduti ad una di quelle tavolate del giorno di festa che vedono l’autrice prima bambina affascinata dal mondo magico degli adulti, poi giovane ospite rassegnata, infine fervida organizzatrice per una costellazione di figli, nipoti, amici.

Significa, allora, che questa grande storia collettiva riguarda anche noi, che almeno una scintilla di tutti gli anni passati è rimasta in quelli che ci attendono da vivere. Non resta che lasciarsi prendere per mano e risalire la corrente delle parole fino a coglierne il brillio nel buio dei ricordi.

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