Di là del muro. Di là della barriera di separazione israeliana, al-Jidar, come lo chiamano i palestinesi: nei Territori la prima cosa che si nota sono le grosse cisterne nere appollaiate a stormi sui tetti piatti dei condomini. Una mezza dozzina di chilometri a sud di Gerusalemme si trova la famosa Betlemme, sulla sommità di un’altura e in mezzo ad altri due piccoli centri contigui, Beit Jala e Beit Sahour. Nel quartiere di Beit Sahour il 97% della popolazione araba è di fede cristiana. Su quali tra le mille fedi cristiane presenti in Oriente, poi, le percentuali iniziano a sbarellare, ché non vi è niente di sicuro. Nelle botteghe lungo le strade, spesso ci si può addirittura fermare per acquistare alcolici e maiale.
I condomini si arrampicano sulle colline nei dintorni di Betlemme. Le strade scalano le ripide salite che conducono alla Basilica della Natività. I muli, i cavalli, le vecchie auto scassate arrancano imprecando aggrappandosi all’asfalto. Qui le pendenze scavezzano le ginocchia, tanto che non ci si stupirebbe di vedere uno dei tanti devoti fedeli con le pance grasse rotolare giù come un pero dalla Natività, magari con in braccio un Gesù bambino.
Anche R. è cristiano, vive a Beit Sahour e lo conosco per via dei nostri legami con le organizzazioni scout. È un po’ stempiato, nonostante i suoi 25 anni, lavora da elettricista: fortunatamente dopo più di un anno non lo trovo mutato nel suo carattere estroverso e dinamico. La prima cosa che lui e sua madre tengono a mostrarmi di casa loro è un buco di proiettile.
Sgrano gli occhi. Sul telaio della finestra che dà sul balcone di casa c’è un foro, grande quanto un pollice. Fuori si vede un insediamento israeliano, sulla sommità della collina vicina. Dista esattamente quanto un tiro di schioppo.
Io guardo R., R. guarda me. Sua madre insiste che fotografi il buco di proiettile, che non me lo dimentichi: largo quanto la lunghezza della pallottola. È così che funziona: M4, M16 e parenti vari sono fucili americani in dotazione agli eserciti occidentali dai tempi della guerra in Vietnam. La loro particolarità è quella di sparare pallottole di piccolo calibro, appena 5 mm di larghezza. Tuttavia la loro fisica fa in modo che, una volta incontrato un bersaglio rigido lungo la propria traiettoria, la pallottola si conficchi girando su sé stessa, quindi lacerando la carne e provocando una copiosa emorragia. Un colpo del genere, anche se diretto ad un piede, potrebbe provocare in breve tempo una morte per dissanguamento se non curato tempestivamente.
Guardo R. e chiedo, quando è successo?
Alza le spalle, tempo fa, ormai.
Ma, e gli indico l’insediamento che si vede dalla finestra, soldati o coloni?
R. alza di nuovo le spalle. Che differenza fa? Si tratta sempre di un proiettile che ci è arrivato in salotto.