L’argomento di questa puntata, che segna l’inizio di un sinistro filone di venerdì gotici di Jukebox Letterario, sarà …. il vampiro!
Il loro mito ha origini molto antiche. Leggende su creature né vive né morte che si nutrono del sangue dei viventi possono essere trovate fin dall’Antichità nella mitologia e nel folklore di tutto il mondo.
Ma, certo, il vero luogo di nascita del “Vampiro” come lo conosciamo è l’Europa orientale, in particolare, com’è ovvio, la Transilvania.
Oppure no?
A dire il vero l’immagine del vampiro che abbiamo oggi, deriva più che altro da un romanzo scritto nel 1897 da uno scrittore irlandese.
Sto parlando, ovviamente di “Dracula” di Bram Stoker, che può essere a buon diritto considerato il Big Bang della letteratura vampiresca, la fonte di tutto l’armamentario di stereotipi riproposto poi, fino alla nausea, dalla cultura di massa: la caratterizzazione del vampiro come quella di un compìto gentiluomo dal forte accento ungherese, con una cappa nera foderata di raso, i capelli impomatati, la carnagione pallida, i lunghi canini affilati, e una particolare predilezione per il sangue di giovani e belle fanciulle sempre rigorosamente vergini.
I vampiri originali, quelli del folklore esteuropeo e transilvano, erano piuttosto diversi e molto meno raffinati, in genere sporchi e macabri, più in stile zombie, per intenderci, come del resto è logico aspettarsi da dei morti viventi.
E, soprattutto, era molto diverso il conte Dracula storico! Eh sì, perché il Dracula di Stoker è ispirato ad un personaggio realmente esistito.
Il conte Vlad III di Valacchia visse nel XV secolo ed è meglio noto con il simpatico nomignolo Vlad Tsepesc (si pronuncia così), e cioè Vlad l’Impalatore, soprannome che fa riferimento al suo hobby favorito (de gustibus!).
Durante il suo principato, o, per meglio dire, voivodato, durato circa trent’anni, si dice che abbia massacrato almeno centomila persone, tra i suoi sudditi e quelli dei regni nemici: in particolare gli odiati avversari turchi, i boiari, cioè gli aristocratici ribelli al suo potere, e i “parassiti sociali”.
Ecco cosa tramanda una delle leggende che lo riguarda: una volta invitò tutti i poveri e i mendicanti della città a una grande festa, in cui offrì da mangiare e da bere in abbondanza. Alla fine della serata, però, fece sbarrare le porte della sala in cui si trovavano e appiccare il fuoco, bruciandoli tutti. Un efficace, semplice e poco costoso sistema per perseguire gli obiettivi del welfare e affrontare l’assistenza sociale, senza dubbio.
Il metodo di esecuzione preferito da Vlad era, appunto, l’impalamento. Aveva l’abitudine di disporre i pali con i giustiziati in cerchio e consumare i pasti in mezzo a essi allietato dalla vista delle atroci sofferenze dei suoi nemici.
Che cara personcina! Gli piaceva pranzare in compagnia!
Ci sono molti altri aneddoti sulle abitudini del conte Vlad: una volta avrebbe ricevuto degli ambasciatori turchi che, per motivi religiosi, non volevano togliersi il turbante in sua presenza; e lui avrebbe fatto loro inchiodare il turbante alla testa.
Non bisogna però prendere tutto per oro colato; i raccapriccianti resoconti sulla crudeltà di Vlad derivano in parte dalla propaganda di un suo nemico, il re d’Ungheria Matteo Corvino, e in parte, da quella tedesca. Infatti, per ridare impulso all’economia della Valacchia, Vlad aveva emanato delle severe leggi protezioniste bandendo dal suo voivodato, sotto pena dell’impalamento (tanto per cambiare), i mercanti stranieri; ai mercanti sassoni, i cui introiti derivavano, in buona parte, dai commerci con la Valacchia, la cosa non andò giù e si affrettarono a lanciare una campagna di diffamazione contro il conte attraverso il primo mezzo di comunicazione di massa della storia, nato proprio in quel secolo e proprio in Germania: la stampa! In tutta Europa cominciarono a circolare incisioni che ritraevano Vlad intento a compiere le peggiori e più inverosimili efferatezze: fu uno dei primi esempi di utilizzo dei mass media (dei quali la stampa è stata il capostipite) a scopo propagandistico. Già allora i tedeschi non avevano rivali quando si trattava di difendere la loro supremazia economica.
Con questo non sto dicendo che Vlad Tsepesc fosse una brava persona o che non abbia fatto cose poco carine, ma solo che, probabilmente, non era peggio della maggior parte dei suoi contemporanei e conterranei: a quei tempi, torture e atrocità erano all’ordine del giorno ovunque e la Valacchia, in particolare, era una terra piuttosto calda e instabile, stretta tra due grandi potenze come l’Impero Ottomano e il regno d’Ungheria, e che doveva barcamenarsi per mantenere la propria indipendenza.
Vlad stesso venne dato in ostaggio ai turchi per sei anni, durante i quali assistette a orrori di ogni genere (la pratica dell’impalamento la riprese dai turchi), e suo fratello Radu, detto Il Bello, divenne il favorito dell’harem maschile del sultano (quale onore!).
Atrocità a parte, Vlad fu per la Valacchia un buon governante: difese validamente l’indipendenza del suo paese, rivitalizzò l’economia e migliorò le condizioni di vita della popolazione. Oggi i rumeni lo ricordano come un eroe nazionale, passando sotto silenzio gli aspetti meno edificanti del suo carattere o il fatto che all’epoca la Romania nemmeno esisteva.
Il nazionalismo, si sa, non bada a questi dettagli.
Ma, insomma, cosa c’entrava questo psicopatico del XV secolo col celebre vampiro tran-silvano dai capelli impomatati (lui che tra l’altro era valacco)?
Beh, non molto in realtà!
Stoker, in cerca di ispirazione, lesse in un libro di storia romena il nome di un certo conte Draculea, famoso per la sua crudeltà, e il nome gli piacque, anche a causa dell’errata etimologia “Figlio del Diavolo”.
Il padre di Vlad, infatti, faceva parte dell’ordine del drago (nell’antica lingua della Valacchia le parole drago e diavolo erano molto simili), un ordine cavalleresco nato per combattere i turchi, i cui membri portavano sul petto l’insegna di un drago con le ali aperte su fondo verde.
Di tutte le accuse, fondate o meno, che sono state rivolte a Vlad Tepes non c’è quella di essere stato un vampiro. È vero, però, che quando, nel 1931, per coincidenza lo stesso anno in cui uscì il celebre film Universal “Dracula” con Bela Lugosi, venne aperta quella che era tradizionalmente ritenuta la sua tomba … venne trovata vuota!
È però possibile che la vera tomba non sia quella; sono state fatte molte ipotesi, tra cui quella che la sua salma sia stata sepolta a Napoli dalla figlia.
Nel 2014, una studentessa napoletana, durante le ricerche per la sua tesi di laurea, ha trovato su una tomba nel chiostro della chiesa di Santa Maria Nova, l’incisione di un drago con le ali aperte; alcuni “autorevoli” studiosi, subito accorsi, hanno identificato anche due sfingi contrapposte che rappresenterebbero, a sentir loro, l’antica città egizia di Tebe, quindi Tepes.
Che dire? Speriamo che questa storia non giunga mai all’orecchio di Kazzenger!
Per la versione integrale della puntata:
di Giovanni Morandini