Mauro Tessali non aveva saputo dirgli niente. Marinaio dell’Actv, passava spesso da quelle parti per andare a lavorare e tornare a casa, ma non aveva mai incontrato il signor Cosma.
Andrea, quindi, si ritrovò a parlare col vicino della vittima, l’avvocato quarantottenne Pietro Lovrić, che gli offrì un tè caldo.
‹‹Dunque, dottor Lovrić›› esordì, accomodandosi al tavolo della cucina. ‹‹Il suo cognome non è italiano, vero?››
‹‹Ha ragione: è croato.›› La sua voce era squillante e fastidiosa. ‹‹Mio nonno si trasferì a Trieste a 16 anni e poi mio padre venne qui per lavoro.››
Il vicequestore annuì ‹‹Lei non è sposato?››
‹‹Lo sono stato per un paio d’anni, ma non è andata bene.››
‹‹Mi dispiace.››
‹‹Nah, è stato meglio per entrambi. Siamo anche rimasti in buoni rapporti: pensi che non mi ha nemmeno chiesto gli alimenti…››
Inutile, inutile, inutile. Era ormai costituito da questo il cervello di Andrea: informazioni inutili e superficiali, fra le quali lui doveva scovare una pista, un filo coerente. Alla fine di ogni indagine cercava di dimenticare quella massa aggrovigliata di memorie, ma spesso quelle gli si appiccicavano addosso come ragnatele e gli sovvenivano sporadicamente, inutili e noiose come la prima volta.
‹‹Sì, sì… Da quanto tempo vive qui?››
‹‹Quasi tre anni. Un bel posto, vero? Pensi che non l’ho nemmeno pagato tanto, e…››
Ma porca miseria, pensò Andrea, ma questo è immune al fatto che è notte fonda e che c’è un cadavere a dieci metri da qui!?
‹‹Mi scusi se la interrompo.›› Fece del suo meglio per mascherare l’irritazione. ‹‹Lei conosceva il signor Cosma?››
‹‹Certo, che io sappia viveva qui da tempo immemore, ma non parlavamo molto. Sa, io ho uno studio qui in città e lavoro parecchio, grazie a Dio. In effetti da questo punto di vista sono fortunato, sa, di questi tempi…››
Ecco, adesso commetto il secondo omicidio della giornata, e fortuna che non ho la pistola!
‹‹Senta, la prego.›› Andrea si scrocchiò le dita ‹‹Cerchiamo di rimanere in tema. Lei sapeva di qualcuno che ce l’avesse col signor Cosma, di qualcuno che potesse volerlo morto per qualsivoglia ragione?››
‹‹Oddio, no! Ho sempre sentito parlare molto bene di lui. So che è stato un onesto imprenditore per decenni e non ho mai sentito di alcun contatto con la malavita o altro. Che so, forse dovrebbe chiedere a qualche familiare. Ci sono due nipoti che lo venivano a trovare, un ragazzo e una ragazza, entrambi molto carini, forse un po’ schiva la ragazza, ma è veramente carina…››
Ancora dieci secondi e gli avrebbe buttato il tè sugli occhi.
‹‹La ringrazio moltissimo per il suo aiuto, dottor Lovris, e grazie anche a te, Mauro.›› Andrea troncò l’ormai insopportabile conversazione.
‹‹Sarebbe Lovrić…›› Azzardò l’avvocato.
‹‹Certo, certo. Vi prego di non allontanarvi dalla città: potremmo avere ancora bisogno di voi durante le indagini.››
‹‹E dove vuole che vada?›› Bofonchiò Mauro, che sembrava essere lì lì per addormentarsi sulla sedia.
Ma il vicequestore non lo udì: era già a metà delle scale.
Erano le cinque quando Andrea, seguito dall’ispettore Proietti, uscì dalla porta del 2478A di Fondamenta dei Cereri: troppo tardi per tornare a letto e troppo presto per fare colazione. Che schifo.
‹‹Nicola, senti un po’, va’ in questura e informati un po’ su questo Luigi Cosma. Quell’avvocato, Lovrit…››
‹‹Lovrić›› Lo corresse il giovane ispettore.
‹‹Sì, insomma, il dottor Tavor ha detto che quel poveraccio faceva l’imprenditore. Vedi cosa riesci a scoprire sulla sua azienda e raccogli materiale su famiglia, amici… insomma, quel che riesci a trovare. E di’ a Giulia di occuparsi di informare i parenti e di convocarli.››
‹‹Ma dottore, sono le cinque del mattino…››
‹‹E allora tirala giù dal letto, visto che con me non ti sei fatto ‘sti gran problemi!›› Lo canzonò il vicequestore.
‹‹Va bene, ma non viene anche lei?››
‹‹Tira a indovinare, Nicola.››
‹‹Non sono cazzi miei?››
Ad Andrea quasi scappò un sorriso. Quasi.
‹‹E bravo. Muoviti, va’!››
Certo che ci sarebbe andato, in questura; semplicemente aveva bisogno di non sentirsi nessuno intorno per una decina di minuti.
Pensò ancora a Nicola: un ragazzo giovane, 28 anni, con una promettente carriera davanti. Insieme all’agente Giulia Gallucci, era uno dei pochi poliziotti della questura che gli piacessero. Certo, Andrea era stato trasferito a Venezia solo da poco, ma agli altri con cui aveva avuto a che fare non avrebbe dedicato che improperi, Zanin e Berti in particolare: aveva il forte presentimento che quei due avrebbero ampiamente dimostrato di avere il QI di una rapa in decomposizione.
Ci stava ancora pensando quando entrò in questura. Al banco della portineria Andrea vide un agente cui non si era mai presentato.
‹‹Buon giorno, vicequestore!››
‹‹Ma allora vi siete messi d’accordo per sfottermi?›› Lo fulminò ‹‹E tu chi saresti?››
‹‹Agente scelto Marco Scaboro, dottore.››
‹‹Bene, e vaffanculo!›› Andrea stava già infilando il corridoio ove stava il suo ufficio. Scaboro lo osservò per qualche istante, poi fece spallucce e si risedette mentre quello svaniva dietro un angolo. Non aveva mai parlato direttamente con il nuovo ufficiale, ma poche settimane dopo il di lui trasferimento il suo carattere intrattabile era già diventato proverbiale in questura. Non c’è da sorprendersi, pensò l’agente: aveva letto il suo fascicolo e conosceva il suo stato di servizio. Parecchi meriti, ma una moglie e una figlia sulla coscienza sono un bel macigno.