Di Giulia Barison
La pioggia tamburellava lenta sulla grondaia, sul tetto, sul vetro appannato della finestra. La prima goccia era caduta in un umido boato e ad essa erano seguite le successive, pazienti e rumorose. Lei le contava, una ad una, tutte le gocce che cadevano sulla rotondità della Terra.
La luce fioca della candela colorava con sfumature di gialli ed arancioni la stanza buia. Stava seduta sul letto, le coperte stropicciate le lambivano grossolanamente le gambe, completamente nuda, solo la fiamma avida della candela a farle da mantello. La sua pelle brillava di pennellate dorate e scoppiettava nella frenesia della notte.
Quella sarebbe stata la sua notte.
La città la guardava attraverso il vetro appannato della sua finestra. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Ne sfiorava con un petalo di rosa il profilo abbozzato dalla luce fioca della candela, mentre le sue labbra danzavano mute. Se solo la città avesse avuto il coraggio di spezzare quel vetro appannato e di entrare impavida nel giallo e nell’arancione della stanza, avrebbe avuto modo di accostare l’orecchio a quelle labbra spente e di ascoltare una flebile cantilena.
To-morrow, and to-morrow, and to-morrow,
Creeps in this petty pace from day to day,
To the last syllable of recorded time;
And all our yesterdays have lighted fools
The way to dusty death. Out, out, brief candle!
Life’s but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage
And then is heard no more. It is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury
Signifying nothing.
Era il monologo finale di Macbeth, il monologo più bello e struggente mai partorito da mano umana, e lei lo violentava trasformandolo in preghiera, nel ticchettio della pioggia, in una monotona cantilena sospirata alla notte.
Quella sarebbe stata la sua notte.
To-morrow, and to-morrow, and to-morrow…
Fece scivolare in un moto di piuma le gambe giù dal letto, scostando con delicatezza le candide coperte. Le aveva lavate quella mattina e le aveva appese ad asciugare sotto il tepore dell’alba. Profumavano di sole ed ingenuità.
…Creeps in this petty pace from day to day…
Fissava il soffitto legnoso seduta sul bordo del letto, le mani a farle da piedistallo, la testa inclinata all’indietro, i capelli a sfiorarle la schiena inarcata.
…To the last syllable of recorded time…
Ogni centimetro della sua pelle ardeva di passione, ma i suoi occhi vitrei e le sue labbra socchiuse in quell’incessante cantilena, tradivano il gelo della sua anima.
…And all our yesterdays have lighted fools…
Respiro.
…The way to dusty death…
Si alzò, ondeggiò verso l’ultimo sorso di vino, lo bevette con avidità, guardò la bottiglia vuota, tenendola per il collo davanti a sé, chiuse gli occhi, sospirò, li riaprì e scaraventò la sua vittima per terra, facendola esplodere in uno spettacolo pirotecnico di schegge verdi.
…OUT, OUT, BRIEF CANDLE!
Life’s but a walking shadow…
Rideva.
Ballava.
Piangeva.
Recitava il suo monologo intervallandolo a lunghe boccate di fumo.
…a poor player
That struts and frets his hour upon the stage…
Sfidava la notte e scriveva parole sui muri freddi, sulle pareti che la intrappolavano in una morsa soffocante.
…And then is heard no more…
Si accasciò sfinita per terra, le braccia aperte in volo.
I capelli consumati dalle fiamme della candela scoppiettavano ebbri, divorati dal fuoco insaziabile.
…It is a tale
Told by an idiot…
Aprì la mano distendendone il palmo e scoprendo una perla candida e rotonda.
Era l’ultima.
…full of sound and fury…
La infilò in bocca, la fece scendere a fatica nell’arsura della sua gola e chiuse gli occhi. Non sentiva più il freddo e l’impenetrabilità del pavimento, né il fuoco insaziabile che divorava i suoi capelli. Le pareti soffocanti ed il ticchettio della pioggia si allontanavano vorticosamente, lasciandola lì.
Un puntino
insignificante
nel mondo.
…Signifying nothing.