In Erasmus a Coimbra, Portogallo

Scrivere un articolo sulla propria esperienza Erasmus non è facile. Ma anche rispondere alle domande di amici e parenti: “Come è andata? Che cos’hai di interessante da raccontare?” non è per niente semplice. Se penso al Portogallo, a Coimbra, vengo pervasa da una vera e propria valanga di ricordi, emozioni, pensieri. E sopratutto da una grande “saudade”, termine portoghese intraducibile, che potremmo rendere pressapoco con le parole italiane “nostalgia, malinconia.”

Fare un Erasmus a Coimbra innanzitutto significa venire a contatto con le antiche tradizioni studentesche di una delle università più antiche d’Europa. Tanto per dare qualche esempio, moltissimi portoghesi vanno all’università vestiti con la toga e un mantello, che fino alla laurea per motivi di scaramanzia non deve essere assolutamente lavato (è a loro che si è ispirata J.K.Rowling nel creare le divise degli studenti di Hogwarts). La festività accademica principale è la famosa “Queima das Fitas”, rito di passaggio celebrato a maggio in cui vengono simbolicamente bruciati i nastri che simboleggiano le varie facoltà, e in cui per una settimana vengono organizzati balli, eventi benefici e in particolare concerti.

Scegliere il Portogallo come meta Erasmus significa inoltre fare tanti bei viaggi, spendendo spesso cifre spesso irrisorie. Oltre ad aver fatto numerose gite giornaliere, con amici conosciuti a Coimbra abbiamo organizzato dei weekend a Porto, Lisbona, in Algarve, alle Azzorre. Penso che questi siano stati tra i momenti più belli e spensierati in assoluto.

Andare in Erasmus vuol dire poi fare delle cose che hai sempre fatto, ma in un modo diverso. Come ad esempio passare il capodanno a Lisbona, e non patire il freddo perché ci sono 20 gradi. Oppure festeggiare il compleanno con degli amici che in fondo conosci solo da 5 mesi, ma che con il loro calore sono in grado di renderlo uno dei più speciali di sempre. E poi uscire la sera, dicendo a se stessi: “Va beh, stasera però torno presto” e invece non essere mai a casa prima delle 4, perché… quando mi ricapiteranno poi delle occasioni così?

In mezzo a tante cose belle però, voglio anche inserire qualcosa di meno gioioso: andare in Erasmus in fondo non è un’esperienza tutta rose e fiori. Significa anche sentirsi persi, ogni tanto. E vuol dire anche non poter essere a casa quando sai che ci sarebbe bisogno di te, o sentire dei legami che prima erano importanti allentarsi. E poi, ci si trova di fronte a tutte le difficoltà che comporta il ricostruirsi una vita nella nuova realtà in cui si è immersi: nuova università, nuovi amici, nuova casa, nuovo tutto. Ma non voglio scoraggiare nessuno, ne vale la pena comunque. Anzi, partire serve in fondo proprio a questo: a confrontarsi con situazioni che ci mettono alla prova.

Infine, penso che quello che mi ha maggiormente arricchito di questa esperienza sia stato l’aspetto relazionale e umano. Ho stretto tante amicizie, più di quelle che mi sarei mai potuta aspettare. E salutare queste persone con cui ho condiviso così tanto, è stato davvero difficile (chi conosce la mia propensione al pianto può immaginarselo bene). In questi casi è fin troppo facile dire banalità, però io credo che la rete di amicizie (se vere) che ci si costruisce in giro per il mondo possa durare nel tempo, e costituisca uno dei regali più preziosi che l’Erasmus fa.

Anna Mazzon

 

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