Recensione: “DRUK – Un altro giro”

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Bandiera della Danimarca nell’ultima edizione degli Oscar, Druk (titolo internazionale: Another round), diretto da Thomas Vinterberg, ottiene un clamoroso successo di pubblico e di critica, tanto da aggiudicarsi la statuetta di Miglior Film Internazionale.

Celebre per aver fondato insieme al suo amico e collega Lars Von Trier il movimento cinematografico Dogma 95, il regista Thomas Vinterberg si ritrova insieme a Mads Mikkelsen dopo otto anni dalla fortunata esperienza di The Hunt, e propone una black comedy incentrata sull’assunzione di alcol, indagata in ogni sua più profonda sfaccettatura.

Martin, professore di storia in una scuola superiore danese, sposato e padre di due figli adolescenti, mosso dall’infelicità e dalla profonda insoddisfazione della sua vita, prende parte a un esperimento scientifico insieme ai suoi colleghi e migliori amici Nikolaj, Tommy e Peter: basato sulle teorie dello psicologo norvegese Finn Skårderud, l’esperimento consiste nel mantenere il proprio afflusso di alcol nel sangue intorno allo 0,05%, in modo tale da essere più aperti, briosi e spigliati nelle relazioni sociali e professionali. Se inizialmente i risultati sono eccellenti, con il tempo le conseguenze della dipendenza diventeranno irreparabili.

L’ambientazione danese dell’opera è tutt’altro che casuale: il consumo smodato di alcol in Danimarca rappresenta infatti un problema sociale incredibilmente serio. La Danimarca è il primo tra i paesi nordici per consumo medio di alcol generalizzato e il primo in Europa per consumo di alcol tra i giovani (se la media europea di ragazzi che hanno assunto grandi quantità di alcol negli ultimi 30 giorni è del 13%, la media Danese equivale circa al 32%).

Lo stesso titolo, come spiega Vinterberg, è esplicativo di tale drammatica situazione: infatti, se il titolo danese e quello internazionale non coincidono, questo è perché, a detta del regista, la sfumatura di significato di “druk“, che indica il bere in modo raffinato, non è traducibile in altre lingue. Inoltre, in tale frangente il vocabolario danese è più che ricco: “È come in Groenlandia, hanno cinquanta parole per neve, invece noi in Danimarca abbiamo altrettante parole per bere”.

Martin, interpretato da uno straordinario Mads Mikkelsen, e i suoi amici rappresentano quindi persone ordinarie in cui qualunque danese (e non solo) potrebbe identificarsi.

Le vite dei protagonisti vengono travolte e distrutte dagli eventi, ma .

di Matteo Carini

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