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Se si nomina Hayao Miyazaki, poche sono le persone che non sanno di cosa si stia parlando. Nato nel 1941 in una caotica Tokyo pre-seconda-guerra-mondiale, già da bambino sviluppa un forte interesse per il mondo dell’animazione e dei fumetti. Nel 1963 entra a far parte come disegnatore della Toei Animation, studio di animazione giapponese, da cui si staccherà nel 1985 per co-fondare insieme ad Isao Takahata lo Studio Ghibli, conosciuto e stimato a livello mondiale. Lo Studio, con sede a Tokyo, ha prodotto sei tra i dieci film con il maggior numero di incassi al mondo e ha ottenuto ben 5 nomination per gli Academy Awards. La Città Incantata ha vinto nel 2003 il Premio Oscar come miglior film d’animazione, diventando uno dei film più visti al mondo.
Sui film di Hayao Miyazaki si sono espressi numerosi studiosi, analizzando i temi più disparati trattati dallo Studio Ghibli negli anni: tra pacifismo, ambientalismo, infanzia e politica, il tema del femminismo si distingue tra tutti perché presente largamente dei suoi film e per il curioso approccio con cui viene trattato.
In una società come quella nipponica ancora legata ad un profondo sistema patriarcale che avvolge non solo le dinamiche familiari ma anche quelle lavorative, Miyazaki ha rappresentato con le trame e le protagoniste dei suoi film una ventata di cambiamento, trattando l’indipendenza femminile e la forza propria slegata dalla presenza del sesso maschile. Chiunque si sia imbattuto nel mondo dell’animazione giapponese conosce l’influenza che manga e anime hanno avuto e possono avere nella divulgazione di eventi storici o ancora di temi politici e sociali. Proprio per questo credo sia importante analizzare le caratteristiche delle varie protagoniste e contestualizzare il loro ruolo all’interno della vicenda narrata: le eroine vivono infatti un percorso di crescita e di indipendenza, che le rafforzerà e le renderà artefici del loro futuro.
I film in cui la questione femminile è più lampante sono principalmente quattro: Nausicaa della Valle del Vento, Kiki – consegne a domicilio, La città incantata e La Principessa Mononoke.

Nausicaa vive nella Valle del Vento, una terra distrutta da una guerra termonucleare che non ha lasciato scampo a gran parte della civiltà umana e ricoperta da un’immensa foresta chiamata Giungla Tossica. Spinta dalla sua forza d’animo, dalla curiosità e dalla speranza di poter cambiare il mondo inquinato in cui vive, Nausicaa cerca di comprendere le ragioni per cui la foresta si è trasformata in un accumulo di veleno che non rende possibile l’insediamento umano. Intrecciandosi con il tema dell’ambientalismo e del pacifismo, Miyazaki lascia le sorti del mondo in mano ad una giovane leader, amata dai suoi concittadini della Valle e stimata per le sue caratteristiche più personali: l’amore per la natura, la curiosità, la necessità di indagare e trovare risposte per costruire un ambiente migliore.

Non è il caso di Kiki in Kiki – consegne a domicilio. La giovane strega infatti vive un percorso di crescita nel corso della storia, tra fallimenti e debolezze. Come una qualunque ragazzina di 13 anni, è sottoposta continuamente a dubbi e perplessità, spesso senza trovare risposte. La forza per superare le difficoltà, tra cui la lontananza da casa, la troverà da sé, senza nessuno al suo fianco. Il modo in cui Miyazaki ci racconta questo percorso di cambiamento, con una introspezione psicologica arguta, lo si può ritrovare anche nella storia di Chiharu, in La città incantata.
Alla protagonista è lasciato il compito di salvare i genitori e la sua stessa vita, trovando scena dopo scena una soluzione a problemi che sembrano a volte impossibili da superare. Chiharu non si lascia abbattere e mette da parte ogni paura per salvare ciò che è a lei più caro, lavorando in un onsen (stazione termale) e usando le sue capacità intellettive per sfuggire ai pericoli. Non ha bisogno di un eroe forte che la aiuti, ma anzi, sarà lei a salvare il personaggio maschile secondario.

Ultima ma non per importanza è sicuramente San, ragazza-lupo cresciuta dalla Dea-Lupa, protagonista del film La Principessa Mononoke, che forte delle sue esperienze passate, nutre un potente rancore verso l’umanità, non cambiando i suoi valori e le sue credenze nemmeno nel momento in cui si avvicina proprio ad un umano, Ashitaka.
Nella rappresentazione narrativa e psicologica di queste protagoniste, Miyazaki insiste sulle caratteristiche intellettuali e personali, mettendo da parte gli stereotipi legati all’eccessiva sensibilità, all’amore o più semplicemente all’apparenza fisica: sono giovani adolescenti e donne forti, che non cadono nel modello del kawaii (aggettivo che può essere tradotto come “adorabile”, “grazioso”) e della debolezza fisica; sulle loro spalle ci sono le sorti dell’ambiente, dell’umanità, della famiglia. Il pubblico riesce a identificarsi con loro proprio perché umane e, come tali, soggette a dubbi, incertezze, ma anche cambiamenti e percorsi di maturazione.
Uno studio che mi ha illuminato e che ho apprezzato particolarmente sul tema è The anima in animation: Miyazaki heroines and post-patriarchal consciousness (Pacifica Graduate Institute, 2014) di Shore, Lesley Anne. Per avere infatti un quadro più completo su come la raffigurazione proposta da Miyazaki possa essere considerata come “rivoluzionaria”, è necessario approfondire il contesto culturale in cui il regista agisce (con le sue categorie e stereotipi) e i media di cui si serve nella narrazione.
In ogni caso, vi consiglio, se ancora non l’avete fatto, di andare a vedervi questi film: oltre alla grande importanza dei temi trattati, la qualità dell’immagine e le emozioni che lasciano allo spettatore sono davvero indescrivibili.