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Il celeberrimo musical Mamma mia, diretto da Phyllida Lloyd nel 2008 e interpretato da artisti di indiscussa fama internazionale come Meryl Streep, Amanda Seyfried e Colin Firth, è sin da subito diventato un classico senza tempo, in grado di attrarre grandi e piccini. Ma a cosa si deve la forza magnetica di questa pellicola? Indubbiamente il cast d’eccezione e la travolgente colonna sonora sono i due fattori principali, cosa che non sfuggì alle prime recensioni del film. Tuttavia, il fascino di questo lungometraggio, dal gusto inconfondibilmente mediterraneo, si deve anche al suo potere di giocare con il nostro immaginario. In poco più di novanta minuti vengono infatti condensati diversi elementi del nostro bagaglio di luoghi comuni che riguardano il periodo estivo, come l’isola, il relax e l’eros e che possono essere facilmente individuabili grazie al supporto critico e metodologico della geografia del turismo.
Lo stesso scenario in cui è traghettato lo spettatore è particolarmente evocativo già a livello toponomastico. Infatti, la località ha nome “Kalokairi”, il termine greco che designa l’estate: questa stagione funge da cornice temporale estremamente suggestiva, in grado di ospitare molte delle immagini e dei cliché che siamo soliti collegare alla vacanza e a questo periodo dell’anno. La denominazione scelta è particolarmente calzante: per quasi la totalità del film l’ambientazione è costituita da quest’isola paradisiaca e mal collegata con la terraferma. L’Eden di Maryl Streep a ritmo pop anni ’70 si configura sin da subito come un’eterotopia, un mondo altro in netta separazione con la realtà quotidiana. Si pensi, ad esempio, alla maggior parte dei protagonisti maschili, manager e banchieri trasformati in avventurieri alla riscoperta di un passato mai del tutto dimenticato. Infatti, i tre presunti padri della protagonista Sophie si ritrovano sull’isola per via di un misterioso invito al matrimonio di una figlia a loro quasi del tutto sconosciuta. La situazione, altamente irrealistica, è ben riassunta dalla stessa ragazza che parla appunto di un “canto delle sirene” che ha attratto i naviganti sull’isola.
La sfera della seduzione e della tensione erotica è uno dei molti bassi continui del film e colora la surreale estate di Kalokairi di tinte passionali che pare difficile ignorare. Da un punto di visto prettamente geografico, le categorie critiche più utili sono quelle del “viaggio di nozze” e del “turismo sessuale”. Il primo aspetto è rappresentato da diverse coppie, di vecchia data o appena formatesi e simbolicamente consacrate dalla dea Afrodite, divinità sotto cui si chiude l’intera pellicola. Fra questi dittici di personaggi, quello più rilevante è quello dei promessi sposi Sophie e Sky. L’immagine dell’isola come scenario perfetto per la nuova coppia, infatti, risale sin dall’origine del bridal tour fra Settecento e Ottocento e poi sempre più specializzatosi con lo sviluppo del fenomeno turistico in località quali Bali e le Maldive. La coppia è trasfigurata in novelli Adamo ed Eva in uno scenario incontaminato, che pare creato ad hoc.

La figura di Tania, amica di vecchia data di Donna, è forse uno dei personaggi meno sviluppati, appiattita sullo stereotipo della femme fatale e predatrice. Tuttavia, in particolare nella scena cantata di “Does your mother know?”, questa maschera fissa permette di introdurre il tema del turismo sessuale. Tania appare infatti coinvolta in un flirt con un ragazzo del luogo dalla carnagione scura: il rapporto fra i due sessi e le due diverse etnie è di evidente subalternità. In particolare, il pretendente rientra a pieno titolo nella descrizione degli uomini coinvolti in questo fenomeno sociale, ben riassunta da Dell’Agnese in Bon voyage. Per una geografia critica del turismo: si presenta come un rasta boy con i capelli crespi raccolti in dreadlocks, animato da un appetito sessuale irrefrenabile, nonostante sia un po’ troppo “young for this kind of fun”.

È appunto la dimensione del divertimento e del relax che è sottesa a tutta l’opera e che emerge in sequenze specifiche. Ad esempio, la protagonista Donna, mentre canta la celeberrima “Money, money, money!”, fantastica immaginandosi su una crociera. Alle persiane cigolanti e ai muri crepati della sua pensione si sostituiscono i più comuni cliché sugli hotel galleggianti, intesi come luogo di sfarzo e lusso, meritato premio da troppo tempo procrastinato. I luoghi stessi citati nella canzone rimandano ad alcune “Disneyland” contemporanee, quali Las Vegas e Monaco: due capitali del divertimento, tutte son et lumière in chiara opposizione alla natura rigogliosa di Kalokairi.
L’annosa questione del rapporto fra natura e cultura è, quindi, forse la grande categoria critica a cui ascrivere tutti i diversi spunti citati in precedenza. La contrapposizione fra lo sfarzo crocieristico e la semplicità isolana propone infatti due poli solo apparentemente opposti. La costruzione di Kalokairi, infatti, è un chiaro esempio di quello che la geografia del turismo definisce come “destination building”. Il paesaggio greco non è registrato in maniera immediata, ma è assemblato ad arte in modo tale da proporre allo spettatore-turista un collage paradisiaco: la stessa Kalokairi è un luogo d’invenzione, un medley geografico delle isole di Scopelo, Alonneso e Sciato. Anche il tessuto sociale è congelato in stereotipi forse troppo stringenti: le comparse si muovono in maniera corale e riproducono un chiaro modello di “grecità” che interessa le usanze alimentari, l’abbigliamento e le tecniche (si pensi ad esempio all’utilizzo dell’asino come mezzo di trasporto). Come nel caso del rasta boy di Tania l’immaginario turistico dimostra possedere un forte impatto nella costruzione di luoghi e, addirittura, di identità individuali e nazionali.
Tali suggestioni sono state, per lo meno a livello inconscio, rapidamente assimilate dallo spettatore. Diverse riviste specializzate sottolineano, infatti, come subito dopo l’uscita della pellicola e del suo sequel si sia verificato un “Mamma Mia Travel Effect”: orde di turisti che si sono affastellate sulle coste greche, desiderose di rivivere le avventure degli abitanti di Kalokairi. Ma se alcuni si sono accontentati di rivivere il paesaggio incontaminato, altri hanno addirittura organizzato matrimoni fintamente frugali, come quello che riappacifica (spoiler alert!) Donna e uno dei presunti padri di Sophie, Sam. Al di là della frenesia estiva dei personaggi e l’intramontabile colonna sonora degli ABBA, il vero protagonista di questa pietra miliare della storia del musical sono l’immaginario turistico e i cliché a esso connessi. Il risultato finale è un film dal fascino magnetico molto vivace a cui lo spettatore non può rispondere se non con un convinto: “How can I resist you?!”