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Nell’immaginario comune, specialmente all’estero, Venezia sembra essere stata abitata solo nel Settecento, come se la potenza marittima del Medioevo e del Rinascimento non fosse mai esistita, a differenza dell’era del rococò e delle parrucche incipriate. Ecco, quindi, che pochi conoscono le origine bizantine della città e delle sue chiese, ma tutti sanno che Casanova riuscì a scappare dai piombi. Non sono molto note le battaglie degli strateghi rinascimentali, al contrario di quelle svoltesi sui tavoli da gioco dei casini dei nobili, dove i loro eredi scialacquavano ingenti patrimoni, magari dopo aver assistito ad una commedia del Goldoni. È bene ricordare, però, le molte realtà che cercano di valorizzare la storia medievale e rinascimentale di Venezia, come quanto sia comprensibile la scarsa conoscenza di queste epoche alla luce dei pochi monumenti rimasti a parlarne. Vero, sì, che quella di San Marco è una chiesa medievale e che Palazzo Ducale è uno degli edifici gotici più grandi al mondo, ma molti palazzi sul Canal Grande, come molte chiese, coi loro affreschi e i loro stucchi, raccontano solo degli ultimi secoli di Venezia.
La Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, l’edificio che andremo a scoprire oggi, presenta ancora molto chiaramente i segni della sua origine medievale, nonostante varie trasformazioni. Nel 1261, nel pieno di quel periodo del Basso Medioevo in cui dominava un elevato sperimentalismo associativo, venne fondata la Scuola come istituzione e successivamente, nel 1349, ottenne dalla famiglia Badoer il luogo dove erigere la sede monumentale che ancora oggi la contraddistingue. Infine, nel 1369, cominciò la sua vera fortuna, grazie all’incontro con un altro protagonista del Medioevo: l’ordine dei cavalieri ospitalieri.
Nato nel 1099 in seguito alla prima crociata, per iniziativa di alcuni mercanti amalfitani, l’ordine aveva il compito non solo di proteggere i pellegrini, ma anche di curarli nell’ospedale che il regno latino di Gerusalemme aveva loro concesso in città. Dietro questi motivi umanitari e militari, la sua creazione avvenne per fornire una collocazione e un controllo ai molti cavalieri europei che decisero, anche dopo la conquista del santo sepolcro, di fermarsi in Oriente, motivazione alla base della fondazione di tutti gli ordini monastico-cavallereschi. L’ordine, riconoscibile per la sua croce bianca a otto punte su sfondo nero, prosperò fino alla conquista di San Giovanni d’Acri nel 1291, culmine della progressiva caduta dei regni latini in Oriente, che lo costrinse a scappare. Caduto il regno di cui era protettore, era necessario trovare una nuova collocazione geografica e d’obiettivi: ecco, allora, che i cavalieri di San Giovanni si stanziarono nel nuovo regno latino di Rodi per dirigere la guerra navale contro i musulmani ed entrare nel governo di questo nuovo stato retto dalla famiglia dei Lusignano. Proprio da qui partì, nel 1369, il cancelliere del regno Philippe de Mezieres, un cavaliere che girava l’Europa in cerca di aiuto per una nuova crociata. Fu questi a donare alla Scuola di San Giovanni un bene preziosissimo: una reliquia della vera croce, che è tuttora conservata nella sede della confraternita e portata ogni anno in processione. Abbiamo già parlato dell’importanza delle reliquie e del loro mercato nei secoli medievali, e quindi si può ben comprendere quanta importanza il sacro resto diede alla scuola.
Come l’Ordine di Cipro si spostò prima a Rodi e poi a Malta, anche la scuola divenne sempre più importante, ingrandendosi e arricchendo la sua sede monumentale, sita poco oltre il complesso di San Rocco: la croce e san Giovanni evangelista, realtà legate all’Ordine di Cipro, divennero gli elementi su cui la scuola volle basare il proprio programma iconografico. Particolarmente importanti e famosi sono gli otto teleri (in origine nove) di Carpaccio, Diana, Mansueti, Bastiani e Bellini. raffiguranti i miracoli che la reliquia aveva compiuto durante la processione annuale in giro per la città.
Se si attraversano il portale, sovrastato da un bassorilievo raffigurante dei confratelli inginocchiati di fronte a San Giovanni, e l’imponente scalone verso i locali superiori, non c’è però traccia di questi dipinti. A differenza delle tele di Palma il Giovane che ancora decorano la sala dell’albergo, questi teleri furono portati alle Gallerie dell’Accademia dopo la soppressione napoleonica, gallerie che furono fondate proprio dall’imperatore, dal momento che gli ideali rivoluzionari prevedevano che l’arte dovesse essere un bene comune visibile a tutti e non rinchiusa in qualche chiesa o abbazia.
Per comprendere pienamente la bellezza della Scuola è quindi necessario spostarsi, e ammirare soprattutto il “Miracolo della croce a Rialto” del Carpaccio, dove è visibile il vecchio ponte in legno con le sue parti mobili, e la “Processione in piazza San Marco di Gentile Bellini”, studiato da moltissimi storici perché raffigura i mosaici della basilica che precedevano quelli attuali. I teleri, realizzati alla fine del Quattrocento, non sono solo rilevanti dal punto di vista artistico, ma fungevano anche da propaganda per immagini: se qualcuno avesse mai dubitato della Chiesa, in quegli anni in cui subiva molte critiche e la società cominciava ad allontanarsi dalla religione in favore della filosofia o della scienza, sarebbe bastato portarlo davanti a questi teleri per ricordargli quanto la reliquia della vera croce avesse fatto nel corso dei secoli e quanto l’istituzione che la tutelava e custodiva dovesse essere rispettata e, ovviamente, adeguatamente sovvenzionata.