Lettera al mio coetaneo razzista e fascista, parte 2. Un anno e ancora nessuna risposta.

Caro coetaneo razzista e fascista,

Come stai? Ti ricordi di me? Sono Leaticia. L’anno scorso, proprio l’8 marzo 2018, ti avevo scritto una lettera perché mi avevi implicitamente minacciata di morte. Ti ricordi? Il Duce e Luca Traini erano i tuoi modelli. Volevi uccidere tutti i negri. Io ti volevo parlare prima che l’irreparabile accadesse, volevo abbracciarti, volevo che ti aprissi a me, volevo mi presentassi quei tuoi mostri oscuri che si nutrivano delle tue paure e della tua ignoranza. Volevo tante cose, lo so, però mi sentivo in diritto di chiederle tutte perché tanto mi avresti potuta uccidere in ogni momento. È passato un anno, caro coetaneo, non so se sei cambiato, non so se hai sconfitto i tuoi mostri. Non so dove tu sia, non so se hai letto la mia prima lettera, ma la mia voglia di parlarti è sempre la stessa.

Ho tanto da dirti su questo anno che è passato, sono successe troppe cose: tu alla fine non mi hai uccisa, ma dopo Idy ne sono morti tanti altri. Si sono susseguiti decine e decine di attentati alla vita, al rispetto, all’umanità. Donne, stranieri, omosessuali, bambini, profughi hanno vissuto una umiliazione costante, le minacce di morte si sono susseguite costantemente. E il Mediterraneo: 1311 morti nel 2018. Focolai di odio puro, crudo, malsano sono esplosi nelle nostre città: Roma, Milano, Gioia Tauro, Ferrara, Venezia, Salerno, Catania, Lodi. Tante persone sono state aggredite, nello sport, a scuola, nella musica, sui bus, nei ristoranti, al mare, al supermercato, all’ospedale. Caro coetaneo, te lo assicuro, è stato un anno difficile, complicato.

Fa male pensarci, ma io voglio ripercorrere con te e per te questo anno. Non immagini quante brutte notizie ho dovuto leggere, quante non ho potuto digerire. Tante le ho lette più volte, altre le ho ignorate o lette troppo velocemente. Ho cercato di fare la dura per non crollare ogni volta che l’ennesimo piatto di cronaca mi veniva servito, gelido come ogni volta, e il mio dito si irrigidiva mentre scorreva le linee, trattenevo il respiro per bloccare e gelare la mia mente e il mio cuore. A volte però non resistevo e raccoglievo la mia corazza a pezzi, pezzi conficcati dentro a corpi mutilati, picchiati, stuprati, calpestati da macchine, parole, pistole, sguardi.

Odio. Disprezzo. Vuoto. Sangue. E di nuovo bum, pow, sbang. Pistole ieri e domani, pistole oggi, pistole a marzo, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre, gennaio, febbraio, marzo di nuovo. Bum, pow, sbang. Idy, Sacko, Prince Jerry. Morti. Daisy, Megane, Agitu. Nomi e innominati. Un capo-verdiano, un maliano, due nigeriani, una bimba rom, degli immigrati, dei neri, dei gay, delle donne. Ammazziamoli tutti.  “Devi morire, devi morire qui non ti vogliamo più”, “Bambini guardate quanto è brutto questo bambino nero”, “Ammazza al negar”, “Torna al tuo paese”.

Silenzio. Adesso ascoltiamo gli accusati difendersi: “Ho sparato accidentalmente”, “Volevo prendere un piccione”, “Volevo provare la pistola”. Che sollievo! Non l’hanno fatto apposta, dimentichiamo tutto, anche perché, diciamola tutta, “non c’è allarme razzismo in Italia, solo strumentalizzazioni”. “E poi non esageriamo, il razzismo è sempre esistito in Italia”. Questo almeno è vero, il razzismo è il pane quotidiano degli arabi, dei cinesi, dei rom, dei negri. Quindi non c’è da preoccuparsi. Non ti ricordi vecchi episodi di corpi trucidati e incendiati? Ma certo… 1986 Fouad Khaimarouni, 1988 Thomas Quaye e Gorge Anang, 1988 Juma Iddi Bayar, 1989 Ben Alì Hassen, 1989 Abderrhmann Meftah, 1989 Baid Bouchaid, 1989 Jerry Masslo, 2008 Abdoul Abba, 2011 Samb Modou, 2011 Diop Mor. “Quindi basta, non lamentatevi. Zitti, Andate a morire, Tornate al vostro paese. Zitti. Fate spazio per l’odio e la morte. Silenzio.”

Silenzio. Silenzio. Silenzio delle autorità che legittimano e istituzionalizzano la morte altrui, ma anche lo spettacolo di questa stessa morte. Silenzio della legge. Ah, a proposito di legge, abbiamo un nuovo Decreto di legge, il famoso DL Sicurezza e Immigrazione. È stato approvato con 163 sì e 59 no. Una vera bomba di distruzione sociale. Tanti comuni e sindaci si sono opposti a questo decreto.  Non è bastato comunque, però. Hanno arrestato Mimmo Lucano, hanno negato la mensa ai bambini senza cittadinanza italiana a Lodi, hanno chiuso il Cara di Castelnuovo di Porto e hanno deportato tutti i migranti in altre regioni, anche se non sappiamo precisamente dove. Hanno sgomberato il Baobab a Roma, hanno lanciato delle molotov contro un centro Sprar a Catania.

Però sai come abbiamo risposto a tutto questo, noi che viviamo con la paura per questo paese? Siamo stati sinceri con noi stessi, le nostre paure le abbiamo riconosciute insieme ai nostri limiti. Abbiamo ammesso le menzogne, come quelle sull’identità e la nazionalità. Le nazioni e le nazionalità sono delle menzogne, ipocrisia pura, quando rifiutano di riconoscere da dove vengono. Non è questione di bianco o nero, è molto più complesso. In Italia sono passati berberi, arabi, celti, longobardi, visigoti, franchi, etruschi. E si preferisce dimenticare tutti questi passaggi, queste trasmissioni, questi contatti. Ma all’amnesia selettiva noi stiamo rispondendo con una nuova memoria collettiva, stiamo cercando di ricostruire la frattura tra memoria coloniale e razzismo, stiamo cercando di decolonizzare le nostre lingue, le nostre piazze, le nostre statue, i nostri corpi, le nostre menti. Sappiamo che il nostro lavoro di rifondazione sociale sarà difficile, ma ci vogliamo credere.

Abbiamo riconosciuto che la dinamica della differenziazione culturale è una trappola sottile: è nelle nostre lingue, nelle nostre soluzioni. Guarda la Costituzione, per esempio. La nostra Costituzione ha compiuto 70 anni quest’anno. Ce l’hai presente? Garantisce libertà e integrità umane: anche nel linguaggio utilizzato, però, si trova un’altra prova che dobbiamo reinventare anche la lingua per concretizzare i concetti. Ti parlo dell’Articolo 3, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” La vedi la falla? Siamo tutti d’accordo che religioni, sesso, opinioni politiche, condizioni personali e sociali esistono e possono essere distinti. Ma le razze? Non esistono né tantomeno possono essere distinte.

Abbiamo raccolto tutto l’odio e la violenza disseminati nelle nostre città e l’abbiamo trasformato in un grande desiderio. Desiderio di un mondo meticcio, desiderio di un mondo libero dal complesso della divisione e dal fardello della razza, desiderio di vita. Un progetto universale. Ci siamo riuniti, abbiamo creato tanti gruppi, abbiamo unito cervelli e mani per pensare e fare una nuova Italia. Ci siamo amati per opporci alla mancanza di immaginazione culturale, alla chiusura delle menti, al bigottismo, all’ignoranza, all’odio, alla morte. E ce la stiamo facendo. Abbiamo già sconfitto tanti mostri. E ti prometto che sconfiggeremo anche i tuoi, tutti insieme, se solo ci ascolti.

Stiamo lottando per sovvertire sguardi consolidati e versioni della storia che sembravano irrefutabili. Abbiamo riconosciuto il nostro dovere di reinvenzione. Stiamo reinventando vita e sogni, e vogliamo che il tuo corpo, la tua mente e i tuoi mostri possano passare attraverso questi interstizi da cui l’amore sgorga a fatica. Possiamo riappropriarci dell’interpretazione del passato e rivendicare uno spazio d’azione nel quale prospettare visioni alternative del mondo. Possiamo rileggere e riscrivere, ma prima dobbiamo ascoltarci. Non so se hai sentito tutte le voci del 2 marzo. C’è stata una marcia immensa, People, Prima le Persone. Contro ogni discriminazione. 250.000 persone tra cori e colori, movimenti e sorrisi, distensioni, pacificazioni, amore, vita.

Ci siamo scelti un modo di vivere. La manifestazione. E ci siamo scelti una nuova casa. La lotta. In questa casa c’è posto per tutti. Per te, soprattutto, caro coetaneo razzista e fascista.

Ti abbraccio. All’anno prossimo, magari. Rispondimi se riesci. Cercami, ci sono per te.

A presto,

Leaticia

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