Immaginate un posto perso tra le montagne, con il paese più vicino a dieci chilometri di distanza.
Immaginate i rimasugli della neve scesa la notte precedente sulle rocce e sugli alberi.
Ora pensate a una camera in stile giapponese, quelle che vedete nei film, con i tatami per terra, il tavolino basso, una vetrata che da sulla foresta, poca connessione sul telefono, no Wi-Fi.
Avete tutto questo impresso nella mente?
Un po’ per caso, un po’ per fortuna, ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza così proprio la settimana scorsa, dove come in un sogno sono stata catapultata in una realtà parallela.
In occasione infatti di un tour promozionale tutto gratuito, dopo un viaggio su ben due autobus, la mia amica Kristina ed io ci siamo trovate alle Takayu Onsen, un piccolissimo resort termale immerso nella foresta del monte Azuma, dove l’acqua ha delle caratteristiche particolarissime che la rendono unica al mondo.
Queste terme infatti, usate da ben 400 anni per scopi depurativi, godono di una grande quantità di acido solfidrico che rende la consistenza dell’acqua simile a un latte bluastro.
Appena arrivate a destinazione, ci è stato poi spiegato da Kanawaza-San (la nostra guida durante i due giorni) che in tutto il resort è anche forte l’odore sulfureo, che impregna l’aria e la pelle, risultando a molti quasi sgradevole.
Posso però assicurarvi che ogni tipo di odore viene dimenticato quando ci si trova immersi nelle vasche esterne, in mezzo alla natura più totale, senza la minima illuminazione.
Non mi sembrava vero di essere in ammollo in una vasca di acqua bollente (circa 70 gradi), con -2 gradi fuori e di poter vedere le stelle così bene e così nitidamente.
Tutto questo sogno è stato coronato dal meraviglioso cibo che ci è stato servito durante la permanenza, ovvero un tipico 和食, pasto tipico giapponese costituito da tantissimi piattini diversi in piccole porzioni. Non posso spiegarvi la delizia di ciò che ho assaggiato, ma vi posso allegare la foto del tavolo a cena e a colazione per rendervi un po’ più partecipi.
Il pesce crudo tagliato finissimo mi si scioglieva in bocca, accompagnato da verdure di ogni genere marinate nella salsa di soia (漬け物) e da zuppe tipiche del periodo autunnale composte da diversi tipi di funghi, patate dolci, zucca e ovviamente pesce.
Nonostante la mia pienezza a fine pasto, non ho saputo rinunciare al dolce: un budino alla vaniglia, accompagnato da chicchi d’uva, cachi giapponesi e un piccolo quadratino di ようかん (dessert gelatinoso giapponese).
Anche se il mio corpo in pieno food-coma chiedeva pietà, non ho saputo dire di no alle terme notturne. Tornate in camera infatti, abbiamo indossato il nostro 浴衣 (yukata – indumento che potrebbe sembrare un kimono ma in realtà non lo è: molto più leggero, è usato solitamente dopo il bagno nei ryokan, gli alberghi tradizionali giapponesi), e abbiamo trovato il coraggio di uscire di nuovo nel gelo per immergerci nella vasca esterna.
Anche solo per trenta secondi penso di aver raggiunto il Nirvana, realizzando come per magia della fortuna che avevo nel trovarmi in quel momento in un posto così fantastico, pieno di storia, di tradizione, di relax.
Mi sono stesa nella vasca, ho rilassato ogni mio muscolo e ho guardato le stelle sopra di me, stelle che da quando sono arrivata qui in Giappone non avevo mai visto così nitidamente.
A causa della grande quantità di tè verde bevuta durante la giornata, la notte nel mio futon steso sui tatami non è stata delle migliori, ma alle 6.20 sono riuscita a vedere dal vivo la mia prima alba giapponese tra le montagne e il freddo gelido. Ahimé, da brava pigra quale sono, non ho avuto il coraggio di uscire nella vasca, soprattutto perché stavo attendendo con trepidazione la colazione.
A colazione… pesce grigliato. Vi dirò, avevo talmente tanta fame che l’ho divorato, e che in fondo, non era poi così male. Da brava italiana però, ho tenuto per ultimo lo yogurt con la frutta, perché si sa che la colazione deve finire lasciando sempre il dolce in bocca (allego foto anche della colazione).
Dopo un’altra oretta passata nella vasca interna al ryokan, ci siamo fatte coraggio e ci siamo preparate a lasciare l’albergo, con l’angoscia e la consapevolezza che a Sendai non c’erano lauti pasti e bagni rilassanti ad attenderci, bensì le solite lezioni e le millemila presentazioni quotidiane.
Nonostante questo incombente pensiero, il relax che pervadeva il nostro corpo era troppo forte per permettere alle emozioni negative di prendere possesso di noi e, risalendo sul piccolo autobus che ci ha portate alla stazione, ripensavo a quanto lontana era l’ultima volta che non mi prendevo un momento così per me. Un momento per guardare le stelle e semplicemente respirare, con la testa vuota e il cuore leggero. Un tempo per me stessa.