Aú…úúy!…Cuác? Cuác! Hipa! Upa! …ad Honorem Hombre 1972/2016: L’incomprensione come chiave di lettura

L’America Latina appare ancora oggi allo sguardo europeo come una terra avvolta da un no se que di impenetrabile ed esotico. Un mondo di vulcani, cascate, deserti infiniti e ghiacciai perenni, avvolto dal mistero di un passato inconoscibile a causa dell’imposizione culturale del modello occidentale. Nel cuore tropicale di questo continente, quella stringa di terra sottile che allaccia il Nord e il Sud America, si trova il Guatemala. La geografia minuta di questo paese abbracciato a destra e sinistra dagli oceani è stata controbilanciata da una storia intensa, forgiata da uomini e donne che hanno lottato per ideali di libertà e indipendenza. Due di questi sono Miguel Angel Asturias e Rigoberta Menchù. Entrambi vincitori del Premio Nobel rispettivamente per la Letteratura e per la Pace ed entrambi ospiti presso la nostra Università di Ca Foscari: Asturias ha insegnato nelle aule cafoscarine ricevendo nel 1972 la Prima Laurea d’Onore conferita dal nostro ateneo, Rigoberta Menchù è stata ospite nel 2016 dando una conferenza sulla cultura Maya. A questi due personaggi, al Guatemala e più genericamente al mondo latinoamericano precolombiano è dedicata l’opera teatrale Aú…úúy!…Cuác? Cuác! Hipa! Upa! …ad Honorem Hombre 1972/2016 che andrà in scena Giovedì 5 Aprile alle 17:30 a Ca’ Dolfin.

Spaesamento, confusione, meraviglia. Questo è quello che provarono i primi europei sbarcati nel Nuovo Mondo. Questo è quello che prova il pubblico europeo di fronte al teatro latino americano che mette in scena il fantastico e l’assurdo del continente. Questo è quello che proverete quando vedrete entrare in scena pappagalli parlanti, fanciulle che sono anche fiori, soli che sono anche girasoli e tutti gli altri personaggi della leggenda e opera teatrale Cuculcan, scritta da Asturias, che verrà interpretata dagli studenti di Ca’ Foscari.

Occorre accettare questo disorientamento e seguire con attenzione ciò che accade sulla scena anche senza capirne il significato. La bussola per interpretare il mondo precolombino è andata perduta con la conquista e si è creata quella che viene definita la barriera del significato per cui ora ci si deve accontentare di interpretazioni approssimative. Questo mondo, que fue antes destruido que conocido, è sopravvissuto e sopravvive come un fiume sotterraneo nelle tradizioni delle comunità indigene Maya Quiché di oggi. Lavori come quelli di Asturias hanno portato in superficie questo flusso cosmologico silenziato dandogli voce: questa voce chiede di essere ascoltata. La recitazione può apparirci in un primo momento meccanica, infantile, vuota, ripetuta e non interpretata: questo perché il teatro americano è teatro primitivo impegnato semplicemente a ripetere una credenza antica, dandole voce senza interpretarla, come fosse un gioco. L’America sta ancora giocando. Perché dobbiamo dunque invecchiarla con preoccupazioni estetiche di paesi più vecchi di lei? Così come tra bambini si dice giochiamo a cane e gatto! Così si deve dire dei pezzi teatrali americani. Giochiamo a Cuculcan! (Asturias).

Questa forma di teatro, che percepiamo come ingenua ed infantile, trascende gli schemi dell’immaginario europeo e ci chiede di abbandonarci a suoni, versi e colori senza pretese di analisi.

L’incomprensione è dunque in realtà la chiave interpretativa di questo teatro che ci piega in ginocchio, come bambini, a raccogliere e giocare con i cocci di un mondo distrutto. Solo così si potrà entrare nella dimensione di eterna circolarità scandita dal giallo dell’alba, il rosso del giorno e il nero della sera e tutto a un tratto quei cocci appariranno familiari quando ci riconosceremo negli stessi sentimenti angosciati dei personaggi di fronte all’illusorietà della vita e alla caducità dell’esistenza.

 

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