Il termine “cineseria”, dal francese “chinoiserie”, indica chincaglieria, cianfrusaglia, prodotto di bassa qualità provenienti dal mercato cinese. Sebbene l’invasione dei prodotti “Made in PRC” sugli scaffali occidentali sia relativamente recente, esiste un caso – tracciati i dovuti paralleli – che affonda le proprie radici nel XVII secolo.
La ceramica Kraak fu un tipo di porcellana bianca e blu prodotta per l’esportazione durante i regni degli imperatori Wanli (1573-1620), Tianqi (1620-1627) e Chongzhen (1627-1644). Il nome, di chiara origini non sinica, deriva dal nome delle navi che i portoghesi usavano per i loro commerci in Asia, le caracche. Due di queste, la São Tiago e la Santa Catarina, vennero catturate dagli olandesi e il loro bottino di migliaia di porcellane fu rivenduto ad Amsterdam, dove suscitò gli interessi di tutta la nobiltà dell’Europa Settentrionale. Un’altra ipotesi, più affascinante, lega il nome Kraak al verbo olandese “kraken”, rompere, poiché la pasta del corpo non era il caolino purissimo delle fornaci imperiali di Jingdezhen e si rompevano di frequente.
La massiccia domanda europea – una nave poteva arrivare a caricare fino a 250’000 pezzi per viaggio – fu possibile grazie alla riduzione della domanda imperiale e alla chiusura delle fornaci di Jingdezhen nel 1608, che permise ai più qualificati artigiani di accettare ordini dai privati. La potentissima Compagnia delle Indie Orientali olandese (VOC) mise le mani su questa ricchissima rotta, stabilendo nel 1625 un avamposto commerciale nell’isola di Formosa. Il termine “kraak“, infatti, compare per la prima volta in un memorandum spedito il 12 aprile 1638 dal Direttore della VOC ad Amsterdam al governatore di Batavia.
Nonostante la fragilità – a lungo si è sostenuto che fosse dovuto al fatto che gli europei, ignari del processo produttivo, si accontentassero facilmente -, il risultato estetico delle porcellane è estremamente gradevole, in linea con il famoso stile bianco-blu perfezionato sotto la dinastia Ming.
La superficie decorata era divisa secondo uno schema ben preciso: sul medaglione centrale, una scena di interni ispirata ai libri a stampa, mentre i pannelli laterali si dividevano tra motivi cinesi, come peonie, crisantemi o simboli buddhisti, ed europei, come i tulipani. La clientela europea a cui queste ceramiche erano destinate influenzò anche il design e gli artigiani cinesi crearono un particolare tipo di scodella, detta “klapmutsen”, meno profonda rispetto alle tradizionali e più simile alle odierne zuppiere.
Piccola nota conclusiva. Le ceramiche kraak sono legate anche a Venezia: compaiono, infatti, al centro del “Festino degli dei”, ultimo quadro del pittore veneziano Giovanni Bellini ed ora conservato alla National Gallery of Art di Washington.