Il linguaggio segreto della comunità gay

tempo di lettura: 4 minuti

Diciannovesimo secolo, Londra. Un uomo entra in un pub affolato. Si avvicina al banco, dove un altro uomo sta sorseggiando una pinta. Gli si siede accanto. “Bona vada”. Pronuncia le parole in tono sommesso, teso, interrogativo, vagamente indagatorio; lo sguardo non è rivolto al suo interlocutore ma a terra, come se si stesse rivolgendo a nessuno in particolare. L’altro lo osserva per qualche secondo. “Bona to vada your dolly eek”. Ad un occhio disattento nulla sembra cambiare, ma appena l’uomo pronuncia la prima parola la tensione tra i due si scioglie immediatamente. 

“I’ve nanti dinarly; park me some handbag for another buvare”.

“Vada the naff strides on the omee ajax”

“She fantabulosa in drag! She titivates with fortuni slap”.

“Let’s nish the chat and go troll for rough trade.”

“Mais oui ducky! Just gardy loo for chickens and don’t blag a charpering omi!”

Un paio di poliziotti sono seduti a un tavolo e osservano i commensali, attenti a ogni possibile segno di attività criminale. In particolare cercano omosessuali, dato che l’omosessualità sarà crimine capitale in Inghilterra fino al 1861. Se un cliente troppo ubriaco si fa scappare una parola di troppo, un gossip disattento o un’avance alla persona sbagliata, rischia la prigione – o peggio. Colgono qualche sprazzo di conversazione tra i due uomini al banco, ma non capiscono una parola e perdono velocemente interesse. Ad un occhio esterno sembrano due amici fraterni che si ritrovano dopo tanto tempo, immersi in una conversazione in un linguaggio straniero, che ricorda un misto tra un dialetto inglese e una lingua romanza. Nulla di strano per la Londra di fine Ottocento, già un ricettacolo di sottoculture e gente bizzarra, artisti, teatranti e circensi itineranti da tutta Europa. 

Se i poliziotti capissero il contenuto della conversazione che ha luogo a pochi metri da loro, arresterebbero immediatamente i due interlocutori. I due sono uomini gay, e dopo aver velocemente verificato il reciproco orientamento sessuale si stanno scambiando gossip su conoscenze comuni nella comunità queer di Londra. Si scambiano pettegolezzi su Scotch Flo, che come uomo gay è abbastanza insignificante ma diventa favolosa quando si veste e trucca da donna; su Diamond Lil, anziano aristocratico ninfomane con una passione per i giovani gigolò; su Willy Slap, amante comune di entrambi. Parlano della localizzazione delle Mollyhouses, segreti punti di incontro della comunità gay. Possono fare tutto questo in pubblico senza rischiare, perché stanno parlando in Polari.

Da Parlayree a Polari

Il Polari si sviluppa durante la seconda metà del diciannovesimo secolo: ha origine da un dialetto chiamato Parlayree (dall’italiano “parlare”), usato da pirati e gente di mare nel Mediterraneo. Il Parlayree è inizialmente un misto tra lingue romanze, lingua franca e slang di uomini di mare. Dai porti italiani e spagnoli, il Parlayree si fa strada fino all’Inghilterra, portato da viaggiatori, artisti di strada, mendicanti e prostitute; a Londra si trasforma, si mischia con il dialetto locale e diventa un linguaggio segreto usato prima negli ambienti teatrali, e poi nella comunità gay. A Londra, il Parlayree diventa Polari: a una lingua fodamentalmente romanza si aggiungono influenze del Cockney Rhyming Slang, del backslang (parole pronunciate al contrario: riah invece di hair, per esempio), dello Yiddish, di acronimi (tbh: to be humped, usato per indicare una persona disponibile sessualmente). Tra la fine dell’Ottocento e la  prima metà del Novecento, è usato principalmente come un vero e proprio linguaggio segreto: inserire una parola in Polari nella conversazione significava comunicare il proprio orientamento sessuale in un modo che fosse unicamente intellegibile da membri della comunità gay. Ma il Polari era soprattutto utilizzato per lo scambio sicuro di pettegolezzi, gossip, frecciatine o informazioni sensibili, per crearsi identità fittizie, per sentirsi parte di una comunità libera di essere se stessa in pubblico, davanti agli occhi di tutti

Polari oggi: una lingua morta?

Nel 1967, l’omosessualità in Inghilterra viene decriminalizzata, eliminando la necessità di un linguaggio segreto. Il Polari così smette di essere usato e cade nell’oblio. Nonostante i diversi tentativi della cultura popolare di omaggiare questa bizzarra lingua morta (tra cui il programma radio Round The Horne della BBC, l’episodio di Doctor Who “Carnival of Monsters” e la canzone “Girl Loves Me” di David Bowie), il Polari è ad oggi sostanzialmente dimenticato, anche all’interno della comunità LGBTQ+. Nonostante questo, molte parole inglesi usate tutt’oggi nascono proprio dal Polari. Slap, slang inglese per make-up, “trucco”, viene dal Polari; drag è Polari per “vestito”. Nel 2017, a Cambridge, un servizio religioso è stato tenuto interamente in Polari, in occasione dell’LGBTQ History Month. 

Il Polari rievoca senza dubbio memorie dolorose per la comunità gay: memorie di Oscar Wilde e dei suoi anni di carcere, di Alan Turing e del suo suicidio in seguito alla castrazione chimica, degli innumerevoli esseri umani senza nome uccisi, torturati e imprigionati per via della loro identità di genere o orientamento sessuale. Ma Polari è anche essere liberi di esprimere se stessi in pubblico, in barba alle autorità, a scapito delle regole: incontrare un compare al bar e spettegolare animatamente del vostro amante in comune con tre poliziotti ignari seduti al tavolo accanto. Bona to vada your dolly eek!

Se siete curiosi, qui potete trovare un breve glossario Polari in lingua inglese.

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