Ha davvero importanza?

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“Potere del Cristallo di Luna!”

Vi viene in mente qualcosa? A buona parte del pubblico di lettori, soprattutto quello femminile, probabilmente sì. È la celebre frase con cui Sailor Moon, la Principessa della Luna, dava inizio alla sua trasformazione piena di glitter e luminosi cambi di vestiti. Cos’ha a che fare, vi chiederete voi, una ragazzina in abiti da marinaretta che combatte il male con l’essere both? Molto più di quanto immaginate.

Il primo elemento queer di quest’opera si può ritrovare nel suo periodo di serializzazione, ossia gli anni ’90. Il Giappone stava vivendo in quegli anni il cosiddetto “gay boom”, ossia un periodo di estrema copertura mediatica e interesse rispetto a tutto ciò che esulava dal tradizionale modello eterosessuale. Pur con le sue contraddizioni e i suoi effetti non sempre positivi, come la diffusione di un modello di omosessualità e, di conseguenza, di omosessuale molto idealizzati e lontani dalla realtà giapponese del tempo, questa nuova attenzione al queer si riverberò anche nella cultura popolare, in particolare anime e manga. Fu così che anche nel majokko (genere caratterizzato da ragazze con poteri magici) si intrufolarono gay, lesbiche e tutto il companatico LGBTQ.

Sailor Moon, dunque, non fa di certo eccezione, e particolarmente rilevanti sono i personaggi di Ten’ou Haruka e Kaiou Michiru. Per la trama, cari lettori, direi che potete affidarvi tranquillamente alla nostra amatissima Wikipedia. Vi basti sapere che, nel terzo arco narrativo del manga, appaiono improvvisamente i due personaggi appena menzionati, che, guarda caso, sono anche delle guerriere sailor (rispettivamente, Sailor Uranus e Sailor Neptune). In quanto guerriere sailor, dovrebbero essere ragazze, giusto? Ed è effettivamente così, se non fosse per il fatto che Haruka appare per la prima volta in abiti maschili, come “maschile” sembra il suo comportamento: è dura, forte, intraprendente, guida moto, pratica il judo e spesso sconfigge gli uomini senza nessuna difficoltà. Tutto il contrario, dunque, di Michiru, che è anche la sua ragazza. Tuttavia, a volte Haruka appare anche in abiti femminili, come femminile è il costume da guerriera sailor che indossa quando è in battaglia. Usagi/Sailor Moon, che ha (ovviamente, siamo pur sempre in uno shojo manga) sviluppato un’attrazione speciale nei suoi confronti, è profondamente turbata da questa sua “ambiguità di genere”, mentre non sembra crearle tanti problemi il fatto di essersi innamorata di una che è, biologicamente, una ragazza. Particolarmente rilevante è il capitolo 30 del manga. Usagi chiede turbata ad Haruka se sia una ragazza o un ragazzo. Quest’ultima, avvicinandosi per darle un bacio, le dice: “Ragazzo, ragazza… ha davvero importanza?”. Con questa semplice frase, Haruka rende esplicito il suo disinteresse nell’identificarsi in categorie maschili o femminili. È solo Haruka, dopotutto. Potrebbe quindi dirsi genderfluid, ma probabilmente anche questa definizione le andrebbe stretta.

Altro elemento di considerevole importanza è la relazione fra Haruka e Michiru. Di fatto, sono due donne che hanno una relazione stabile, sana e duratura, due donne che si amano e che arriveranno addirittura a crescere una bambina insieme. È sicuramente un modello di relazione che si distacca dalla tradizionale rappresentazione shojo degli amori saffici, che dovevano necessariamente finire in tragedia o rimanere come elementi caratteristici di una fase di transito come l’adolescenza, elementi da superare al momento dell’ingresso nel mondo adulto. La relazione fra Haruka e Michiru è invece assolutamente positiva e non provvisoria. Tutto ciò però non la rende meno problematica o lontana da una realistica rappresentazione di una coppia lesbica. Si tratta, infatti, di una semplice reiterazione dello stereotipo butch-femme celebre nella letteratura giapponese del dopoguerra. Haruka, pur nel corpo di una donna, sembra la proiezione di un uomo, mentre Michiru assume in tutto e per tutto il ruolo di donna. Anche le loro armi dicono molto sul loro ruolo: Haruka impugna una spada, che oltre ad essere un simbolo fallico è tradizionalmente associato al maschio, mentre Michiru usa uno specchio magico, rimanendo così nel campo degli oggetti tradizionalmente femminili.

Per concludere, è dunque chiaro il potere sovversivo di Sailor Moon e il tentativo di mostrare realtà altre in maniera positiva ed empowering. Tuttavia, questo tentativo è ben lontano dal rappresentare una riuscita sovversione del modello patriarcale eteronormativo. Alla fin fine, per quanto accettate e incluse, Haruka e Michiru e la loro storia rimangono elementi secondari in un’opera in cui è una relazione eterosessuale ad avere il potere di salvare il mondo. Cara Sailor Moon, avrai anche sconfitto il male, ma non sei riuscita a battere l’eteronormatività.

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