Aromi a peso d’oro

tempo di lettura: 3 minuti

Rialto, 9 settembre 1494

Si fa fatica a camminare, in quello che è uno dei più importanti centri del Mediterraneo e d’Europa; ad ogni passo siamo spintonati qua e là da una folla immensa e incredibilmente variopinta: vediamo mercanti turchi con in testa i loro turbanti, cortigiane dai vestiti scollati che camminano accompagnate dalle loro ancelle, patrizi veneziani vestiti di nero, tutti qui per fare affari. E Rialto, in questo momento, è davvero il cuore degli affari mondiali, la Wall Street del Rinascimento, dove è possibile trovare di tutto, dai tessuti pregiati (magari decorati con i merletti di Burano), alle preziose spezie: in effetti, non è ancora stata aperta la via portoghese alle Indie Orientali, che, attraverso la circumnavigazione dell’Africa, avrebbe indebolito il ruolo veneziano nel commercio di questo prodotto. Ma perché le spezie sono così importanti (e costose)?

Il termine “spezia” deriva dal latino species: una merce speciale, diversa dalle solite, proveniente da luoghi lontani ed esotici e capace di portare sensazioni sconosciute. Ve ne sono di ogni genere, dallo zafferano ai chiodi di garofano, al pepe e così via, e sono fondamentali in cucina, dove possono nascondere il cattivo gusto di ingredienti non proprio freschi, ma anche in medicina, dove vengono utilizzate per curare numerose malattie: in particolare, a Venezia sono usate per preparare la triaca, un composto di circa una settantina di spezie tra cui oppio, pepe, cannella, zenzero, zafferano, anice, chiodi di garofano, finocchio, miele, trementina, foglie di rosa e, last but not least, rondelli di vipera e grattume di corno di cervo, di dente di cane e di perla. Questo meraviglioso preparato è prodotto sempre alla presenza di esperti nominati dal Magistrato alla Sanità, fuori dalla farmacie autorizzate: spesso, mentre triturano gli ingredienti in grossi mortai, cantano anche una nenia, che comincia dicendo: “La xe fata de mile sostanze/ la guarisse tremila e più mali/ e contenti se ciama quei tali/ che profita de ‘sta rarità”.

La triaca, però, come abbiamo visto prima, non è l’unico modo in cui le spezie sono utilizzate: spesso sono anche vendute mescolate insieme nei famosi “sacchetti veneziani” dagli spitieri de grosso, la confraternita di artigiani che utilizzavano le spezie per produrre dolci. Tra di essi, vi sono anche incredibili sculture di zucchero, capaci di ingannare l’occhio per il loro realismo: ne sarà esemplare un episodio del 1574, quando Enrico di Francia, figlio di Caterina de Medici, sarà ospite di un banchetto tenuto nella Sala del Maggior Consiglio; sedutosi a tavola, avrà proprio una bella e strana sorpresa nel sentire il suo tovagliolo sbriciolarsi tra le dita.

Ma quanto sono costose queste spezie? Moltissimo, tanto da essere il motore di spedizioni militari, di esplorazioni e di affari politici di grandissima importanza: un quintale di pepe, per esempio, comprato ad Alessandria arriva a costare tranquillamente 80 ducati, una cifra enorme, che però lievita ancora di più quando il prodotto arriva in Europa (c’è un motivo se i reali spagnoli sono stati disposti, due anni fa, ad affidare tre navi a Colombo per una missione suicida alla ricerca delle Indie).

Ora che conosciamo meglio i segreti delle spezie, possiamo continuare il nostro viaggio: la prossima volta resteremo in questa zona di Venezia, per conoscere alcune delle persone che si possono incontrare tra questi mercati. Ne abbiamo incrociate alcune anche prima: si tratta delle cortigiane “honeste” e di una di loro in particolare, Veronica Franco.

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