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Arriva inaspettatamente nel rapporto tra genitori e figli quel momento di tenero disincanto in cui guardiamo nostra madre o nostro padre e li vediamo per quello che sono. Due esseri umani che si sono improvvisati genitori, come tutti. Chi è riuscito a fare meglio la propria parte e chi ha fatto più fatica, chi ha sbagliato e ha provato a correggersi. Come attori pirandelliani catapultati su un palco senza un copione. Si sono ritrovati a scegliersi, chissà magari anche tra dubbi ed incertezze, e poi a costruire una famiglia e a crescere dei figli. Senza ricetta. Perché la ricetta non esiste. È forse in quel momento che anche noi diventiamo adulti. In quel momento, in cui il nostro sguardo cambia, in cui l’eroe ci appare uomo, fragile e bisognoso di affetto, come tutti. E, senza nemmeno accorgercene, ci ritroviamo a sorridere teneramente, un sorriso colmo di comprensione.
Questo attimo dell’infanzia, che allo stesso tempo ne segna teneramente ma anche bruscamente la fine, viene cristallizzato nel racconto “Qué Vergüenza” di Paulina Flores. Giovane e promettente scrittrice cilena, nasce a Santiago nel 1988 e si laurea in Letteratura presso la Universidad de Chile. Con “Qué Vergüenza”, l’autrice si aggiudica il Premio Roberto Bolaño nel 2014 e successivamente scrive un’omonima raccolta di racconti che sarà pubblicata in Italia da Marsilio 2019 (“Che vergogna”). Attualmente sta lavorando al suo primo romanzo. Il suo scritto iniziale, “Qué Vergüenza”, offre uno spaccato chiaro dello stile narrativo dell’autrice cilena e della sua sensibilità nell’andare a investigare gli spazi mentali reconditi dell’infanzia. La scrittura di Paulina Flores è nitida, chiara, fresca, capace di sublimare in leggerezza esperienze complesse della vita. Queste esperienze vengono passate al setaccio e diventano leggere e pungenti allo stesso tempo. Due sorelle, un papà disoccupato e abbandonato dalla moglie in cerca di lavoro. Il setting è pronto per l’inevitabile scena del disincanto. Simona, la figlia maggiore, adora suo padre come fosse un eroe, si sente legata a lui da una segreta relazione di complicità che ovviamente non viene compresa dalla madre: la figura materna viene anzi percepita come una minaccia di allontanamento tra i due – e in questo Flores sembra introdurre abilmente concetti di psicologia freudiana.
Tra papà e figlia vi è una relazione idillica, perfetta. Paulina Flores ce li descrive come compagni di gioco mentre interpretano La Sirenetta recitando le battute del film.
«Il patto è questo» diceva il padre imitando la voce malvagia della strega, «ti farò una pozione che ti trasformerà in una creatura umana per tre giorni. Sono stata chiara? Per tre giorni!». «Ma se divento umana» rispondeva Simona come l’innocente e incerta Ariel, «non potrò mai più stare con mio padre o le mie sorelle!». «È naturale mia cara… Ma avrai il tuo uomo, non è meglio? La vita è piena di scelte difficili, non te l’hanno detto?».
È proprio attraverso gli occhi di Simona, occhi che si riempiono di lacrime, che il lettore assiste al fatidico istante dell’infanzia in cui ci si accorge che anche i genitori possono provare un sentimento simile alla vergogna. E così la figura paterna crolla all’improvviso, frantumando il mondo di allegra spensieratezza di una bambina. Simona sa che non canteranno più insieme. Si sente sola, una solitudine nuova che viene presto dimenticata quando Simona vive l’esperienza di iniziazione al mondo degli adulti, ovvero quella di sentirsi responsabile per qualcun altro. Sua sorella Pia piange. Non capisce quello che sta succedendo. Simona la guarda come non l’aveva mai guardata prima. La prende per mano e si incamminano verso casa. Con questa scena si chiude il racconto.
Simona è diventata grande. Come per incantesimo si è trasformata in un adulto. Paulina Flores ci descrive in modo delicato e tragico la metamorfosi di una bambina che, come la sirenetta Ariel, abbandona per sempre gli abissi della fanciullezza e muove i primi passi nella vita reale.
di Rachele Airoldi Asturias
Paulina Flores sarà ospite a Incroci di Civiltà Venerdì 5 aprile alle ore 21.00 (T Fondaco dei Tedeschi – DFS). L’autrice converserà con la scrittrice Igiaba Scego. Per maggiori informazioni sull’evento, potete visitare la pagina web di Incroci.
Foto: Diego Urbina Portra