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Odori prodotti artificialmente e amministrati direttamente nel naso, capsule ingerite che profumano il corpo, fragranze generate da dispositivi che manipolano la nostra percezione di cibo e bevande: le macchine hanno invaso così tanto le nostre vite da alterare quello che noi umani sentiamo quando mangiamo e beviamo? La tecnologia sempre più pervasiva può addirittura indurci a riconoscere un gusto dolce anche in alimenti senza sapore?
Può sembrare uno scenario in cui la tecnologia incontra la distopia, ma è già realtà: nella terra di mezzo tra Digital e Humanities è nato l’olfattometro, impiegato ora in ricerche per analizzare le interazioni tra umani, cibo e odori.
L’olfattometro
L’olfattometro è metà digital, perché è un dispositivo sviluppato impiegando le più avanzate scoperte tecnologiche per rendere realistico l’odore prodotto ed erogarlo con determinate frequenze e intensità; ma è anche metà Humanities, perché è da applicarsi a quanto beviamo e mangiamo: cosa c’è di più umano del desiderio di cibo e bevande che appaghino i nostri sensi? Ogni essere umano si nutre almeno tre volte al giorno e beve ancor più spesso: questi sono elementi imprescindibili per scandire le nostre giornate, costituire il nostro habitus, che concorre alla definizione della nostra identità e dunque società.
Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dal nome: l’olfattometro non misura gli odori e le loro caratteristiche, ma li produce! È infatti un dispositivo in grado di dispensare profumi: può diffonderli nell’ambiente o spruzzarli direttamente nel naso degli uomini.
La ricerca, iniziata nei primi anni XXI sec., continua a sviluppare apparecchi sempre più piccoli e portatili, grazie a sofisticati sistemi di miniaturizzazione, impiegando ventole, centrifughe, tubi, etc. Nel giro degli ultimi dieci anni, tra l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti, sono stati sviluppati olfattometri sempre più efficaci e dalle forme più diverse, sotto forma di collane, abiti, capsule edibili (Swallowable Parfum R). Tutto questo lavoro degli studiosi è teso alla realizzazione di un dispositivo che consenta di provocare stimoli nell’uomo affini a quelli suscitati da naturali emissioni di odori.
La ricerca
Nel 2017, i professori Rizzo, Rodriguez, Bordegoni e Gallace dell’Università Bicocca e del Politecnico di Milano hanno condotto un’approfondita ricerca per indagare i legami tra percezione umana di cibo e bevande e odori, amministrati con un olfattometro. Tale studio aspira a colmare una mancanza nel campo della Human-Computer Interaction (HCI), dove raramente l’olfatto è incluso, per arricchire il quadro delle diverse esperienze mediate: può l’esperienza generata da odori emessi “digitalmente” influenzare il giudizio che l’uomo ha di cibo e bevande?
Gli ultimi decenni di lavoro in ambito neuroscientifico e psicologico hanno evidenziato come l’esperienza umana non sia uni-sensoriale ma multi-sensoriale: la percezione di un oggetto è determinata da tutti i diversi suoi aspetti, relativi ai 5 sensi, e dal contesto in cui esso si trova. Il nostro sistema neurale non è capace di separare i vari piani e valutarli oggettivamente isolati rispetto al resto: ne consegue che il nostro giudizio finale considera sempre l’elemento nel suo complesso, a tutto tondo. Questo si può applicare anche a quanto ingeriamo, in forma sia solida sia liquida: gli odori modulano il gusto che attribuiamo ad un prodotto. Si definisce infatti cross-modale l’interazione tra cibo e odori: la percezione finale coinvolge due o più modalità sensoriali (qui gusto e olfatto).
Con questa ricerca, gli studiosi intendono innanzitutto generare una simile esperienza percettiva multisensoriale che coinvolga alimenti e profumi e analizzare legami che li tengono legati.
La quota di innovazione risiede nell’impiego, per la prima volta, di un olfattometro per somministrare gli odori necessari per verificare l’assunzione data. Le fragranze così artificialmente prodotte sostituiscono quelle emanate naturalmente: ma la risposta umana a tali stimoli sarà la stessa? Obiettivo della ricerca è indagare se effettivamente il dispositivo può generare un’esperienza sensoriale che modifichi la percezione umana di cibo e bevande, proprio come accade in condizioni naturali.
Gli esperimenti
I professori hanno impiegato per il duplice esperimento il MFOD, olfattometro multi-fragranza: dispositivo piccolo, leggero e portatile, che emana fino a 8 diverse fragranze e controlla l’intensità e la frequenza del loro rilascio. In questo caso, è stato predisposto per somministrare ai partecipanti, direttamente nelle radici e per un determinato lasso di tempo, o una fragranza al cioccolato o a un mix di agrumi.
Il primo esperimento coinvolge ventidue partecipanti, che hanno il compito di mangiare ad un dato segnale prima crackers salati, poi caramelle zuccherate al limone mentre annusavano o aria pulita o uno degli odori sopracitati, senza esserne consapevoli: il dispositivo rimane nascosto dalla loro vista. Mangiano gli alimenti singolarmente abbinati a ciascuno degli odori e ogni volta sono chiamati a valutarli su quattro dimensioni diverse tra i cinque cosiddetti gusti fondamentali: dolcezza, sapidità, gradevolezza e sapore amaro. La valutazione viene effettuata su una scala che va da “molto .. (dolce, es)” a “per nulla .. (dolce, es)”.
Si procede analogamente con il secondo esperimento: gli ora ventisette partecipanti bevono o acqua frizzante o acqua tonica o Sprite R in combinazione con ciascuno degli odori e poi danno il proprio giudizio relativamente a cinque dimensioni percettive: le quattro di cui sopra e l’effervescenza.
La dolcezza
I dati più significativi sono stati raccolti relativamente alla dimensione della dolcezza, per la quale i giudizi sia degli alimenti sia delle bevande differiscono nettamente a fronte dei diversi odori.
Innanzitutto, il livello di dolcezza di crackers e caramelle al limone si assesta intorno a quota 65 quando i partecipanti respirano aria pulita e a circa 70 quando respirano il profumo di agrumi, mentre oscilla intorno a 75 quando accompagnati dall’odore di cioccolato: entrambi sono percepiti come più dolci in combinazione con un profumo dolce, di cioccolata.
Gli stessi gap nella valutazione della dolcezza emergono anche per le bevande, pur con una discrepanza lievemente minore: i partecipanti le hanno trovate più dolci quando assaggiate insieme al profumo di cioccolata rispetto a quando con la fragranza agrumata.
Appare evidente come la dolcezza del profumo guidi il giudizio del sapore degli alimenti ingeriti. È verificato l’assunto iniziale: gli odori ricoprono un ruolo centrale nella percezione del cibo e possono alterare significativamente l’esperienza, e dunque le scelte e i giudizi, umani in questo ambito.
Il futuro
Questi risultati rappresentano una pietra miliare nell’evoluzione dell’olfattometro: è stato provato che anche gli stimoli così provocati inducono nell’uomo le stesse reazioni che scaturiscono nei naturali ambienti multisensoriali. Infatti l’MFOD è il primo dispositivo di piccola taglia a mostrarsi efficace nell’emanare odori che modulano la percezione umana di cibo e bevande.
Bisogna sottolineare però che questo apparecchio è soltanto un prototipo: presto sarà in grado di fornire fino a 20 fragranze, con un più alto grado di miniaturizzazione. Diventerà utile per investigare nuovi aspetti dell’olfatto, legati alle emozioni e alla memoria o nella realtà virtuale.
Ma il ventaglio di applicazioni dell’olfattometro si estende ben oltre la ricerca delle interazioni tra cibo e odori, a partire dai ristoranti, dove il gusto del cibo deriverà dall’interazione tra alimenti mangiati e odori “artificiali” annusati. Le possibilità di impiego trascendono anche i confini del mondo culinario, oltre ogni immaginazione: migliorare l’effetto delle terapie cognitivo-comportamentali per i pazienti affetti da disturbi da stress post-traumatico (si pensi al giardino terapeutico), alleviare la sensazione di dolore in determinate condizioni cliniche o inviare segnali di allerta ai conducenti di veicoli in situazioni di pericolo.
Dove ci condurrà questo innovativo connubio tra Digital e Humanities?
Si fa anche per migliorare la qualità della vita di chi ha una diagnosi Alzheimer…
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