HUMANS OF VENICE #39

Campo San Giacomo dell’Orio. Pomeriggio.

« Che cosa faccio? Beh, credo semplicemente di star abitando la città. Sai, io sono una mamma e ho due bambini alle elementari. Ogni tanto mi rendevo conto che vivere la città di Venezia richiedeva uno sforzo quasi di immaginazione, di fantasia. Dovevo impegnarmi a immaginare una città dove un centro di aggregazione per i cittadini e per i suoi bambini fosse una cosa da tutti i giorni, che capita in ogni quartiere. No, non lo è. La realtà è più difficile e complessa. Ho dovuto spiegare ai miei bambini che abitare Venezia non vuol dire solo abitare ma anche resistere. »

«Qui in campo San Giacomo c’è questo posto che si chiama “La Vida”. Ora si chiama “La Vida [accanto]”. Nel Seicento era un teatro anatomico. Sai cos’è? È come un teatro, solo che sul palco c’è un medico che spiega l’anatomia tramite dissezione. Ai piani superiori c’era anche una biblioteca e una sala dove si riunivano i medici, e in seguito diventò anche una scuola di ostetricia. Poi sono successe varie cose, ma da settembre è diventato un punto di ritrovo per la cittadinanza, un bellissimo esperimento di partecipazione cittadina, direi. C’erano ogni giorno letture, mostre, concerti, spettacoli e pranzi condivisi. Si riunivano anche certi poeti in incognito. E sai chi si occupava di tutto questo, di tenere aperti la ludoteca e gli altri spazi? Mamme, papà, ragazzi e ragazze, anziani e chiunque avesse voglia. I cittadini, insomma. E gratis, si intende. C’è tanta gente che ha a cuore la città. Vogliamo vivere, abitare, divertirci. Ma vogliamo vivere una vita vera, non una da turisti. Un mese fa ci hanno cacciati dalla Vida, vogliono far diventare l’edificio l’ennesimo ristorante. Allora ci siamo accampati in campo (scusa il gioco di parole). Resistiamo anche bene, sai? Guarda quanti bambini. Continuiamo tutte le nostre attività, proprio come vedi, però all’aperto. O, come si dice oggi, “outdoor“. Non ci fa paura non avere un tetto. È cosi che mi sono resa conto che abitare Venezia è una questione di resistenza, di essere sempre attivi, di creare una rete per rivendicare il diritto all’abitare. Siamo cittadini e abitanti, non consumatori.»

« Cosa c’è di diverso in questo campo? È un campo molto sentito dai cittadini, molto vivo. Lo sento come il cuore pulsante del pesce che è Venezia, un pesce un po’ malato. Negli ultimi anni lo hanno maltrattato parecchio, è dimagrito di molto, pesa solo 54mila abitanti. Sento che ciò che sta succedendo alla Vida in campo San Giacomo stia facendo bene al pesce, allevia tutti i malanni. L’hanno ferito proprio al cuore un mese fa, era veramente stremato. Ma come vedi è ancora vivo, se la cava. E poi, stanno arrivando i soccorsi da tutta Europa. Il prossimo weekend accademici, urbanisti, antropologi, fior fior di dottori pare verranno qui a San Giacomo a cercare di capire come curarlo al meglio. Non bisogna temere, perché coi giusti rimedi, l’aiuto dei cittadini e degli amici lo faremo guarire. »

« Sono una studentessa, abito qui vicino. Mi mette tristezza pensare che quando finirò l’università probabilmente non potrò rimanere qui. Per noi studenti Venezia si prefigura subito come luogo di passaggio, un parcheggio per studenti che passano il loro triennio qui spesso senza avere coscienza del luogo che abitano. Sento che in questo campo qualcosa si sta muovendo. Io sono anacronisticamente speranzosa. Sarà perché qui alla Vida ho scoperto una Venezia altra. Sai quelle scritte su sfondo verde che pendono da Canal Grande? Quelle che dicono «È una città vera»? Ecco, qui l’ho sentito forte che è una città vera. Un mese fa hanno cercato di distruggere questa realtà così viva, ma hanno tolto solo il luogo fisico, non il luogo in sé. La Vida è fatta di persone e idee, e quelle sono rimaste. Spero che soprattutto gli studenti si rendano conto in fretta di cosa rischiano di perdere se non si muovono anche loro. »

 

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