Non uccidete la vostra lingua

Il mondo vorrà anche che parliate inglese per sembrare “global” o sofisticati, ma è proprio per questo che dovreste resistere e preservare la vostra lingua madre.

Suzanne Talhouk parla arabo, la sua lingua madre, e si aspetta che gli altri parlanti arabi rispondano nella stessa lingua. Tuttavia vive in Libano, dove le conversazioni passano quotidianamente dall’arabo, all’inglese, al francese – e spesso l’arabo viene tralasciato rapidamente. La tendenza è più marcata tra le élite colte della nazione, dove l’abitudine a parlare francese e inglese nelle scuole private si solidifica in moda ben dopo la laurea. Nella sua TED Talk, Non uccidete la vostra lingua (Don’t kill your language), Talhou avvisa che ciò che viene perso nella traduzione non è soltanto una parola qui e lì, ma una voce e una memoria collettive, la presenza di una cultura nel mondo. In breve, usare la propria lingua madre non è nientemeno che un dovere civico. Ecco i suoi quattro consigli per incorporare un po’ di orgoglio nella propria lingua.

Non conformarsi. Confrontarsi. Una conversazione caratteristica, per Talhouk, prevede che lei chieda in arabo il menu (qayimat alttaeam) e che il cameriere risponda infastidito che può avere un menu (nella variante inglese o francese). “Con due parole un giovane libanese ha giudicato una ragazza arretrata e ignorante”, dice – e il pregiudizio si estende al di là dei ristoranti. L’arabo, nota, “non è una lingua per la scienza, la ricerca, una lingua cui siamo abituati all’università o che usiamo sul posto di lavoro,” dice, “e sicuramente non è una lingua che usiamo all’aeroporto. Se lo facessimo, ci denuderebbero.”

È facile arrendersi alla pressione sociale a parlare inglese o francese, ammette Talhouk, ma è anche poco lungimirante. “Ci sono molte persone come me che raggiungono un punto della loro vita in cui rinunciano, senza volerlo, a tutto ciò che è accaduto loro in passato, solo per poter dire di essere moderni e civilizzati”, dice. “Dovrei dimenticare tutta la mia cultura, i miei pensieri, il mio intelletto e i miei ricordi?” Invece di cedere alla pressione sociale, Tahouk dice che esserne consci e sfidarla consciamente sono i modi migliori di ristabilire l’equilibrio culturale.

Rimarcare l’erosione culturale. “La lingua non serve solo a chiacchierare”, dice. “Il linguaggio rappresenta fasi specifiche della nostra vita e una terminologia che è legata alle nostre emozioni.” Per il suo pubblico a TEDxBeirut, richiama alla mente il motto carico di pathos della Rivoluzione dei Cedri libanese del 2005. Il canto “Hurriyya, Siyada, Istiqlal” (“Libertà, Solidarietà, Indipendenza”) risuonava per le strade, e anche oggi, dice Talhouk, evoca le scene delle proteste di massa. “Ciascuno di voi si immagina qualcosa di specifico nella propria mente. Ci sono sentimenti specifici di una giornata specifica in un periodo storico specifico.” Talhouk sostiene che le parole, una volta tradotte, perdano il loro impatto emotivo. “Se vostro figlio arrivasse da voi e domandasse ‘Papà, ma tu hai vissuto il periodo del canto della freedom?’ come vi sentireste?” chiede. Per un’idea di come un parlante nativo inglese potrebbe sentirsi, considerate per esempio la famosa espressione, misto di inglese e arabo, God save the malika invece di God save the Queen. Il punto è che non si tratta solo di lingua, ma anche di cultura, società, memoria, comunità.

Lasciate perdere la “remissività culturale”. Il semplice parlare la vostra lingua non la renderà alla moda. Per prendere slancio, Talhouk parla di come gli annunciatori arabi debbano confrontarsi con gli elitaristi che si infastidiscono per le loro scelte lessicali. Per questo ha fondato Feil Amer, un movimento di persone comuni che incoraggia i giovani libanesi a essere orgogliosi della loro lingua madre. Il dibattito è qualcosa di più del mero condannare ogni espressione inglese o francese (Talhouk stessa preferisce la parola “internet” all’alternativa araba, alshabaka, o world wide web): la campagna è stata lanciata con uno slogan pensato per sottolineare la minaccia culturale, Io ti parlo dall’Oriente, ma tu mi rispondi dall’Occidente. “Dopo questa, abbiamo lanciato un’altra campagna con immagini di lettere al suolo: per esempio, una lettera circondata da nastro adesivo nero e giallo con scritto sopra ‘Non uccidete la vostra lingua!'”.

Siate soprattutto creativi. “Ciascuno di voi è un progetto creativo”, dice Talhouk, incitando il pubblico a usare le proprie lingue native per esplorare e sperimentare creativamente. Menziona uno degli artisti libanesi acclamati a livello internazionale, lo scrittore Gibran Khalil Gibran, che, per lei, non avrebbe mai potuto scrivere i suoi inimitabili romanzi in inglese senza prima dominare l’arabo, sua lingua nativa. “Tutte le sue idee, la sua immaginazione, la sua filosofia sono state ispirate dal ragazzino del villaggio dove è cresciuto, che sentiva un odore particolare, udiva una voce particolare, pensava un pensiero in particolare.”, dice. “Anche quando scrive in inglese, quando leggete i suoi lavori in inglese, sentite lo stesso odore, provate le stesse sensazioni.” Incita quindi i giovani artisti a seguire l’esempio di Gibran, e a riversare le loro energie creative nell’amare e nel supportare la loro lingua madre prima di ogni altra cosa. “Un singolo romanzo potrebbe renderci di nuovo noti a livello globale, e riportare l’arabo a una posizione di spicco sul panorama culturale.”

 

Articolo originale: https://ideas.ted.com/dont-kill-your-language/

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