La collina dei papaveri è un film del 2011 del regista Gorō Miyazaki, figlio del più noto Hayao, che ha tuttavia contribuito al progetto scrivendo la sceneggiatura insieme a Keiko Niwa. Si tratta della storia di Mer e Kazama, due adolescenti alle prese con il primo amore, e delle scoperte che faranno indagando sul passato dei loro genitori. La pellicola è basata sul manga omonimo di Tetsurō Sayama e Chizuru Takahashi (1980), ma, sebbene mantenga molti elementi originali della storia, il film è ambientato nella Yokohama del 1963, l’anno immediatamente precedente le Olimpiadi di Tokyo del 1964, e non nel 1980 come nel manga originale.
Questa modifica, sebbene sembri di scarsa rilevanza – tanto che l’argomento non viene mai trattato direttamente, ma se ne trovano solo allusioni a più riprese di sfondo alla storia principale -, in realtà costituisce uno dei nodi principali di interpretazione della pellicola. Esso infatti fornisce unità alla vicenda sulla base dell’importanza del passato, della sua faticosa e dolorosa elaborazione e del suo superamento consapevole. Fino al 1952, infatti, gli Stati Uniti avevano occupato l’arcipelago (Iwo Jima rimase comunque sotto il controllo statunitense fino al 1968, Okinawa fino al 1972) e il paese, nel frattempo, aveva dovuto far fronte alla fame e alla devastazione materiale e sociale provocate dalla Seconda Guerra Mondiale. In quegli anni si tenne il Processo di Tokyo (anche se la famiglia imperiale e alcune figure di spicco vennero esonerate dal generale MacArthur, posto a capo dell’occupazione) e dagli Stati Uniti vennero avviate riforme radicali e massicce, che intervennero non solo sull’economia o sulla politica, ma anche nel campo dell’istruzione. Se da una parte l’epoca fu segnata da profondi disagi materiali e sociali – cui contribuì la partecipazione alla guerra di Corea (1950-3) – e dalla lotta per la ripresa, dall’altrai giapponesi scoprirono per la prima volta un sistema liberale a loro prima sconosciuto (si pensi alla costituzione Meiji in vigore dal 1890). Il periodo tra gli anni ’50 e ’60 segnò così la transizione, per il Giappone, dalle terribili conseguenze della Seconda Guerra Mondiale al frenetico boom economico degli anni ’60. Lo sfondo della vicenda è quindi quello dell’elaborazione del legame tra il passato della guerra e il presente di cambiamento radicale, e della tensione tra desiderio di sradicare quel passato e ricominciare ex novo, con il rischio di dimenticarlo.
È proprio sulla base di questo tema che viene declinata la storia di Umi Matsuzaki (chiamata anche Mer, per il significato del suo nome, “mare”) e Shun Kazama. Da una parte, Umi ha perso il padre, morto sulla nave su cui prestava servizio durante la guerra di Corea, e vede la madre di rado, perché questa insegna all’università ed è spesso negli Stati Uniti per lavoro. Vive in una vecchia casa in cima alla collina del titolo – originariamente un ospedale eretto dal suo bisnonno – con la nonna, i fratelli e le affittuarie, la cui presenza permette di mantenere la casa e la famiglia. Ogni mattina, prima di andare a scuola, Umi innalza delle bandiere nautiche sul pennone posto di fronte a casa, cosa che fa sin da quando suo padre era in vita. Dall’altra, Kazama arriva ogni giorno a scuola sul rimorchiatore del padre ore prima dell’inizio delle lezioni, torna a casa ogni giorno in bicicletta a notte fonda ed è una delle figure di spicco della protesta contro la demolizione del Quartier Latin (su cui torneremo poi). Passando di fronte alla città via mare, Kazama vede le bandiere di Mer, e il loro incontro è legato a una poesia in merito che questi pubblica sul giornale della scuola. Da qui, a poco a poco, sboccia il loro amore, semplice, fresco e sincero, che sembrerebbe inizialmente destinato a un epilogo sereno. Tuttavia, il passato dei loro genitori ben presto si intromette nel loro rapporto, prospettando un ostacolo insormontabile. Nella speranza che si tratti di un equivoco e che il loro amore sia ancora possibile, Mer e Kazama sono costretti a scavare a fondo nelle vicende che hanno preceduto la nascita di Mer, con risvolti dolorosi. La terribile mancanza del padre provata da Mer si riempie della sofferenza del non poter chiedere spiegazioni direttamente a lui per chiarire il dubbio che le impedisce di amare Sayama fino in fondo, mentre Kazama si trova a far soffrire i suoi genitori e a soffrire con loro alla luce delle loro rivelazioni. Sembrerebbe che il passato fosse destinato ad ancorarli a sé e a impedir loro di guardare avanti, ma i due sono tanto saldi nei propri sentimenti da avere il coraggio di dichiararseli apertamente a vicenda con onestà, pur pensando che non potranno avere corso e che questo sarà l’unico passo in questa direzione, dimostrando così una maturità ammirevole. Sarà soltanto attraverso un ultimo tuffo nel passato che i due potranno finalmente venire a patti con quanto è accaduto e guardare avanti con rinnovate speranze e forti del loro amore.
Questo processo di scavo nel passato coinvolge anche coloro che circondano i due giovani. La madre di Mer e il padre di Shun si incontrano per cercare di comprendere cosa sia accaduto davvero nella speranza di poter aiutare i figli, uscendone entrambi addolorati ma con maggiore consapevolezza. Le loro scelte di vita – la fuga d’amore della madre di Mer con l’uomo che amava, l’amicizia che legava quest’uomo al padre di Kazama e il gesto in buonafede alla base delle sofferenze di Umi e Kazama – vengono riconsiderate alla base dei dettagli che i due possono fornirsi a vicenda. Al termine dei fatti narrati, anche loro avranno un quadro completo di quanto ha determinato il loro presente, che, sebbene si sia rivelato a tratti amaro, ora permette loro di guardare al passato con la serenità di chi conosce la verità.
A questo faticoso processo si aggiunge la protesta contro la demolizione del Quartier Latin, la sede dei club della scuola dei due protagonisti. L’edificio – non a caso risalente alla fine dell’epoca Meiji (1868-1912) come la casa di Mer – viene giudicato obsoleto dal consiglio d’amministrazione dell’istituto, e la scuola è spaccata tra coloro che appoggiano la decisione del consiglio e coloro che vorrebbero che l’edificio fosse preservato. Per dimostrare l’importanza della struttura, gli studenti si mobilitano in massa per ristrutturarla. Si svuotano le stanze, si buttano i rottami e le cose vecchie, si ripulisce a fondo, si riordina, si ridipinge, e l’edificio trova un nuovo splendore. Umi, Kazama e Mizunuma (il direttore del giornale della scuola) si presentano a Tokyo dal capo del consiglio, per convincerlo del valore del Quartier per la comunità scolastica. Anche la dedizione degli studenti per rendere il rudere in grado di ospitare i club della scuola ancora per anni si inserisce nella prospettiva di una faticosa rielaborazione, che recuperi il passato nella misura in cui possa essere la base di un futuro nuovo e più consapevole.
Il film risulta quindi un agrodolce – e a tratti nostalgico – quadro del Giappone dell’epoca, della ricostruzione, metaforica e non, che la popolazione dovette affrontare con grande fatica per uscire dal dopoguerra, ma anche la rappresentazione garbata e tenera di un amore giovane e sincero. Le pennellate con cui viene tracciato il messaggio positivo della pellicola sono di una delicatezza leggera e fresca, e al contempo intensa e profonda come il sentimento dei due protagonisti: la finezza del lavoro di ricostruzione visiva del periodo e della resa di panorami e dettagli è appagante, e l’uso dei colori, della luce e della fotografia crea un’atmosfera resa indimenticabile dalla splendida colonna sonora di Satoshi Takebe.