Compreresti mai la Torre Eiffel?

Compreresti mai la Torre Eiffel? No? Dici che neanche uno sprovveduto penserebbe mai che sia un bene in vendita? Eppure il truffatore Victor Lustig riuscì nell’impresa. Due volte.

Contestualizziamo. Corrono gli anni ’20, l’Europa è appena uscita da quell’orrido massacro che fu la Prima Guerra Mondiale mentre l’America si gode i cosiddetti “Anni Ruggenti”, un periodo di inebriante – e talvolta fittizia – crescita economica che naufragherà tragicamente nel ’29. Sono gli anni, per intenderci, della musica Jazz, dei James Gatsby, del consumismo, delle suffragette e dell’art déco. I soldi corrono di mano in mano, un ambiente ideale per truffatori del calibro di Charles Ponzi e del già citato Victor Lustig.

Lustig sbarca a Parigi nel maggio del 1925. Fingendosi un funzionario del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, l’ente responsabile della torre, invita i più importanti commercianti di rottami di ferro del paese presso l’Hôtel de Crillon, nella centralissima Place de la Concorde, dove li informa che “a causa di difetti di natura ingegneristica, costi di manutenzione troppo alti e problemi politici di cui non posso parlare, la demolizione della Torre Eiffel si è resa necessaria”.

Le parole del truffatore all’epoca potevano risultare molto più credibili di quanto non appaiano oggi. La torre, infatti, edificata nel 1889 per l’Esposizione Universale come struttura temporanea da smantellare in 20 anni, sin dalla progettazione non aveva goduto di grande stima presso gli ambienti intellettuali, anzi, fu al centro di infinite polemiche e di un vivace dibattito. Per esempio, Paul Planat, direttore della rivista La Construction moderne, la definiva “un’impalcatura fatta di sbarre e di ferro angolare, priva di qualsiasi senso artistico”, mentre una lettera contro la sua costruzione sottoscritta da quarantasette intellettuali dell’epoca, tra cui l’architetto Charles Gautier e gli scrittori Guy de Maupassant e Alexandre Dumas fils, e pubblicata sul giornale Les Temps dichiarava che “la Torre Eiffel, che neppure l’America, con la sua anima commerciale, ha l’audacia di immaginare, senz’alcun dubbio è il disonore di Parigi.” Anni di scarsa manutenzione, inoltre, avevano ridotto la torre in pessime condizioni.

Tornando alla nostra storia, l’asta a buste chiuse per le 7000 tonnellate di metallo della torre viene “vinta” da un certo André Poisson per la “modica” cifra di 250.000 franchi, l’equivalente attuale di un milione di euro. Lustig informa Poisson della vittoria, ma aggiunge che “i funzionari pubblici come lui sono tenuti a vestire elegantemente e spendere generosamente, tuttavia il loro salario è magro”. Il commerciante comprende il messaggio “nascosto” e paga la tangente per aggiudicarsi l’affare. Ottenuto il denaro, Lustig scappa in Austria, dove attende che i giornali francesi riportino la notizia della truffa, invano: Poisson, troppo imbarazzato nell’aver scoperto di essere stato vittima di un raggiro, non denuncia. Sei mesi più tardi ritenta, contatta cinque nuovi commercianti di rottami e, incredibilmente, riesce nuovamente a “vendere” la torre, tuttavia, scoperto dalla polizia, è costretto a fuggire negli Stati Uniti. 

Qui osa addirittura truffare il famigerato gangster Al Capone, prima di essere catturato e condannato a 15 anni per contraffazione. Decede l’11 marzo 1947 a causa delle complicanze di una polmonite. In una classica riproposizione della storia “al lupo, al lupo!”, Lustig aveva avvertito ripetutamente le autorità carcerarie della propria malattia, ma non era stato inizialmente creduto.

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