Lo spiega Michaela Sambanis, professoressa di didattica dell’inglese alla Freie Universität di Berlino. Parlare più lingue significa allenare regolarmente il cervello, contribuendo così tra l’altro alla protezione dalla demenza e alla diminuzione dei sintomi degli ictus.
Il timore che il bilinguismo potesse rovinare lo sviluppo dell’intelligenza prevalse fino agli anni Sessanta, quando finalmente fu superato grazie ad uno studio condotto a Montreal, in Canada, paese notoriamente bilingue: si notò, infatti, che i bambini che parlavano sia inglese sia francese avevano più successo nei test d’intelligenza rispetto a quelli che sapevano solo una delle due lingue. Avere più lingue nel proprio cervello, infatti, porta a un allenamento costante e intensivo di funzioni molto importanti, quali la capacità di concentrarsi, lo svolgimento di compiti e il superamento di ostacoli anche nella vita di tutti i giorni.
Un piccolo svantaggio del cervello “bilingue” purtroppo esiste: chi parla più lingue potrebbe avere un vocabolario un pochino più ristretto nelle singole lingue conosciute; anche nella comprensione orale si mostrano delle piccole imperfezioni, cosa che potrebbe portare ad una maggior lentezza nelle situazioni di dialogo. Dal punto di vista scientifico, questo succede perché l’accesso del cervello alle singole lingue è più dispendioso in un cervello bilingue rispetto a uno che conosce una sola lingua: infatti, quando si deve parlare o capire una lingua, il cervello multilingue deve scegliere quella adatta, attivarla e allo stesso tempo sopprimere l’altra lingua. In realtà, questi “effetti collaterali” sono talmente impercettibili che non siamo neanche in grado di notarli nella comunicazione di tutti i giorni.
Dal punto di vista della salute, invece, conoscere più lingue comporta una maggiore resistenza del cervello alle malattie e ai “danni” causati dalla vecchiaia. Per esempio, nelle persone che padroneggiano due o più lingue, i sintomi della demenza senile possono comparire addirittura fino a cinque anni più tardi. Proprio per questi motivi sempre più genitori desiderano che i loro bambini (anche molto piccoli, fin dall’asilo per esempio) si avvicinino alle lingue straniere. Infatti, è proprio durante l’infanzia che il cervello è più malleabile e l’apprendimento quindi più efficace. Ciò non esclude comunque che imparare più lingue sia di grande vantaggio per il cervello anche in età adulta, come la professoressa Sambanis ci ha dimostrato. In grandi città come Berlino, dove la percentuale di stranieri o in generale di coppie miste è sempre più alta, nascono addirittura strutture in cui i bambini vengono assistiti in due lingue, ossia quella di provenienza della famiglia e una seconda straniera che ovviamente cambia a seconda delle necessità.
Insomma, ormai più di metà degli europei può essere considerata “multilingue”, e le lingue (compresi anche i dialetti) possono essere viste come una sfida per il nostro cervello. Una sfida dagli esiti comunque molto positivi.
Tratto dall’articolo “Mehrsprachigkeit ist gesund” di Michaela Sambanis in “Der Tagesspiegel” (15/12/2016)
di Camilla Nardelotto