Paul Yeboah ha solo 12 anni quando, nel 2004, si trasferisce dal Ghana in Italia con la propria famiglia. Nessuno lo conosce con quel nome, ma basta canticchiare ritornelli quali “io non pago affitto” o “non faccio opraio” perché venga immediatamente in mente (a chiunque conosca minimamente la “cultura” del web) Bello Figo, uno youtuber seguito da oltre 289000 persone. Inizialmente il suo nome d’arte è Gucci Boy, ma nel 2013 il suo successo attira le attenzioni degli avvocati della omonima casa di moda, che lo citano in tribunale costringendolo a pensare un nome alternativo: ecco che nasce Bello Figo.
Egli si autodefinisce un cantante SWAG, ovvero qualcuno che ha stile sia nel modo di vestirsi che nel modo di porsi rispetto agli altri. Per coloro a cui risulta difficile concepire lo SWAG alla Bello Figo, è sufficiente immaginare insieme collane vistose, canottiera colorata, boxer Calvin Klein a vista , jeans stretto rigorosamente a metà coscia, cappellino e cintura Louis Vuitton.
Come già affermato precedentemente, l’essere swag non è legato solo al modo di vestirsi o agli accessori scelti, ma vuole sottolineare anche il comportamento e l’attitudine della persona: la parola d’ordine diventa ostentare il proprio stile, osare ed essere fuori dal comune; e in questo Bello Figo è stato assolutamente coerente.
È proprio questa arte dell’ostentazione che gli ha permesso di oltrepassare i confini di internet, raggiungendo la televisione – faccio riferimento al suo passaggio dell’1 dicembre 2016 su Rete 4 al programma Dalla Vostra Parte, condotto da Maurizio Belpietro; gli è addirittura stato dedicato un articolo sull’Internazionale.
Il “casus invitationis” è stato la pubblicazione del video di “Referendum Costituzionale”, una canzone con un testo assurdo, in cui invitava a votare Sì al referendum del 4 dicembre, per “avere 35 euro al giorno e stare in albergo a fare festa”, riprendendo una delle più diffuse bufale sui migranti in Italia. Insieme a Bello Figo, nel programma di Belpietro, c’era l’europarlamentare di Forza Italia Alessandra Mussolini, la quale ha invitato il cantante a cercarsi un vero lavoro e successivamente, sull’onda della rabbia, a ritornare nel proprio paese.
Per quali ragioni, ora che Bello figo non canta più solo “tutti sanno che mangio pasta con tonno”, egli crea così tanto scalpore? Semplicemente perché non solo canta tutto quello che fa arrabbiare gli italiani quando si tratta dell’immigrazione, ma usa un linguaggio estremamente offensivo e polemico che incita le reazioni affrettate di chiunque lo prenda sul serio. Bello Figo sostiene di basarsi sulla realtà per comporre le sue canzoni e di utilizzare lo strumento dell’ironia per raggiungere il suo pubblico. L’ironia, oltre a divertire, dovrebbe sovvertire la prospettiva facendo partecipare lo spettatore di una visione “altra” della realtà, spendibile poi utilmente nella costruzione del proprio punto di vista. Tuttavia, qui si stratta di un’ironia irrazionalmente grottesca e ferocemente disarmante: il suo linguaggio mira a ferire e aggredire verbalmente chiunque sia minimamente civile. “Voglio la figa bianca”, “Andiamo in piazza a pisciare”, “Andiamo in stazione a rubare bici”, “Scopo la figa bianca in bocca”: sono tutte frasi tratte dalle sue canzoni, che raggiungono milioni di visualizzazioni e che convergono tutte verso “Sono bello, ricco, famoso e nero”, l’inno dell’artista. Bello Figo intende difendere gli immigrati provocando gli italiani: è un proposito molto nobile, ma egli fallisce nel suo modo di esprimersi e crea un effetto inverso, fomentando l’odio di chi ignora la verità sull’immigrazione e di chi è immigrato e non vuole essere assimilato a lui. Per accelerare la macchina mediatica, niente di meglio che essere odiato e cavalcare tale odio per lucrare su temi delicati.
Bello Figo, 24 anni, originario del Ghana. Io, 19 anni, originaria del Burkina Faso. Io e lui abbiamo una storia di immigrazione in comune, ma devo prendere posizione riguardo alla eccessiva mediatizzazione del mio co-immigrato poiché non sono disposta ad accettare che associ il mio status in Italia a quello di una volgare fannullona e irrispettosa degli altri.
È indispensabile rivolgersi in maniera metodicamente critica a questo cantante dalla retorica quasi nichilistica. Mi appello ai miei coetanei immigrati perché dedichino del tempo a se stessi e usino l’arma migliore che l’Italia stessa offre loro, ovvero la cultura, per contrastare l’immagine e la reputazione di una generazione superficiale e poco acculturata di cui godiamo: invadiamo licei e università, raggiungiamo le posizioni lavorative in cui i neri sono assenti, tocca a noi creare un razzismo positivo per distruggere i discorsi di Bello Figo. Tocca ai giovani della seconda generazione di immigrati ergersi contro i luoghi comuni, che affondano le proprie radici nella realtà, e prendere posizione con intelligenza: sono gli unici a poter operare un cambiamento concreto che risulti vantaggioso a loro stessi, perché non sarà sicuramente la prima generazione, la quale spesso non vive in una logica di permanenza e di inclusione nella società italiana, a farlo.
Non voglio rendermi colpevole di alcuna forma di “captatio benevolentiae” nei confronti degli italiani, difendendoli dall’offesa recata loro dal mio “cattivo” fratello nero. No, io voglio che tutti si rendano conto che il personaggio creato da Bello Figo è un permanente insulto a chiunque, bianchi o neri, italiani o immigrati: accordargli tutte queste attenzioni, cadere nella trappola di discutere di lui e con lui è il modo migliore di sostenerlo nella sua azione di terrorismo verbale (e mi rendo conto di contraddirmi scrivendo questo articolo).