Domenica 18 dicembre 1892, al Mariinskij di San Pietroburgo, si tiene la prima de Lo Schiaccianoci. Il balletto è composto da Pëtr Il’ič Čajkovskij, con cui collaborano i coreografi Marius Petipa e Lev Ivanov, definito “l’anima della danza russa”¹. Petipa, scritta la coreografia, lasciò indicazioni tanto precise circa la musica e la durata di ogni passaggio che Čajkovskij non rimase particolarmente soddisfatto della musica. Tuttavia, sebbene il balletto non si fosse rivelato il successo sperato, la suite che ne venne tratta divenne immediatamente famosa, contribuendo alla già grande notorietà del compositore russo.
Petipa riprende la storia dalla versione di Alexandre Dumas padre del racconto Lo schiaccianoci e il re dei topi (Nußknacker und Mausekönig, 1816) di E.T.A. Hoffmann. La versione di Dumas (del 1844) divenne più nota dell’originale, probabilmente perché ne aveva smorzato gli aspetti più inquietanti, tipici del genio tedesco (noto per testi giocati sul fantastico e l’orrorifico quali Gli elisir del diavolo o L’uomo della sabbia). Il testo francese fa rientrare l’intera vicenda in un’atmosfera rassicurante: la vicenda di Marie e dello Schiaccianoci è, anche nella finzione letteraria, soltanto una storia, raccontata per chetare dei bambini chiassosi.
Il racconto di Hoffmann, invece, è giocato su una scissione onirica rispetto alla realtà, che, anzi, sottolinea come sia proprio la realtà la dimensione distorta, negativa, brutta, connotata dalla sofferenza. Il mondo altro invade e si sovrappone a quello normale con naturalezza estrema, e, come per Alice, non sappiamo se i fatti siano solo un sogno di Marie o se si tratti di qualcosa che è davvero accaduto (tanto che è un armadio, baluardo di normalità, uno degli accessi al regno dello Schiaccianoci). Lo stesso un po’ sinistro padrino di Marie, Drosselmeier, abile orologiaio e creatore di meccanismi e automi strabilianti, è oggetto di una grottesca metamorfosi a metà tra il meccanico e il bestiale. Lo Schiaccianoci viene descritto fin da subito non come un semplice oggetto, ma come una persona senziente, ed è circondato da un’atmosfera particolare. Nella realtà iniziale, egli è sproporzionato, «ridicolo», Fritz (il fratello di Marie) lo deride e lo rompe con crudeltà spietata, mentre nel mondo altro, nell’atmosfera altra che presto avvolge anche Marie, egli può dar voce ai propri sentimenti e dimostrare il proprio valore. Anzi, lo Schiaccianoci di Hoffmann è tanto più eroico proprio perché riesce nella sua impresa nonostante sia stato ferito e umiliato, nonostante sia dovuto dipendere dalla piccola Marie per la propria preservazione nel mondo reale. Grazie al coraggio e all’amore della bambina, lo Schiaccianoci riuscirà a tornare alle proprie fattezze originali, ma i due non rimarranno nel mondo normale. Marie rinuncia senza esitazioni al suo presente, e la realtà alla fine preferita è quella altra, quella del regno incantato dove ha veduto tante meraviglie, nessuno ha mai dubitato di lei e dove regnerà con il suo amore.
“Ha un’immaginazione molto vivida”, rispose la madre. “Infatti, non sono che sogni provocati dalla sua violenta febbre.”
Se anche il balletto riprende la versione di Dumas e il racconto non si rivela essere che un sogno di Clara (Marie nel racconto), tuttavia esso è accomunato al racconto originale proprio dalla sua caratteristica di rappresentazione. La finzione che si compie sulla scena coinvolge i sensi, li estrania, trasportando lo spettatore, almeno per il tempo dello spettacolo, in una dimensione altra. Gli automi di Drosselmeier sono ballerini che fingono di essere automi che sembrano persone, caffè, cioccolato, tè si animano e danzano per allietare Clara e lo Schiaccianoci, e i fiocchi di neve eseguono un valzer avvolgente e ovattato. Si potrebbe quasi affermare che la stessa connotazione del ballo, del movimento astratto e rielaborato, in qualche modo trasporti d’istanza il viaggio-sogno di Clara in una dimensione sospesa dal canone di realtà, a discapito del finale estremamente “normale” (che, nelle rappresentazioni, solitamente è rielaborato). Danza e musica sono gli unici linguaggi ammessi in una comunicazione altra, che muove l’anima prima della ragione.
¹ Petipa, Maître de Ballet dei Balletti Imperiali, era in cattive condizioni di salute, così Ivanov venne incaricato della coreografia, compito che assolse rispettando però fedelmente note e libretto di Petipa.