Stiamo tutti bene, siamo in ufficio.

Stiamo tutti bene, siamo in ufficio. Messaggi, chat, twitter, post. Lo ripetiamo a non finire. Chiamate poche, perchè la linea è intasata. Il numero dei feriti che cresce, quello dei morti anche. Domenica è Pasqua, parenti che arrivano, figli che tornano. Stage che si concludono. Questa settimana Zaventem era tappa di passaggio programmata per ognuno di noi. Ma stiamo bene, siamo tutti in ufficio. Se non fosse per le sirene che passano incessanti per le strade fuori dalla finestra, per amici che non senti da una vita che ti chiedono come stai, e FB che ti chiede di rassicurare sulla tua condizione…sarebbe difficile rendersene conto. Siamo tutti al computer, come un giorno qualsiasi. Sui display, però, nessuno tiene aperti fogli excel o caselle di posta elettronica, ma le prime pagine dei giornali online. 22 marzo 2016, Bruxelles: due esplosioni all’aeroporto di Zaventem, una alla fermata della metro di Maelbeek. Guardiamo i primi video, le prime foto. Ci aggiorniamo, come fate voi da qualsiasi altro lato dell’Europa, o del pianeta. Chiediamo ad amici e conoscenti che vivono qui se stanno bene, e a loro volta ci raccontano di altri amici, che stanno bene, ma che ci sono passati vicino. Che stavano per entrare in aeroporto in quel momento o che erano appena usciti dalla metro. Raccontano della loro preoccupazione, la stessa nostra. Confermano che anche loro sarebbero potuti essere lì, come noi, come me. In un qualsiasi momento di una qualunque giornata lavorativa noi tutti saremmo potuti essere lì, come d’altronde c’erano quelle 35 persone e tutti gli altri 160 feriti contati finora. A Maelbeek ci sarei dovuta passare stasera verso le 18.00, per una conferenza al Parlamento. Mio fratello sarebbe dovuto atterrare domani mattina alle 10.00, a Zaventem. Dallo stesso aeroporto il mio capo è partito ieri mattina alle 6.00 per rientrare la sera stessa alle 23.00. Non basta? Whatsapp, gruppo di chat con gli altri stagisti della Camera di Commercio Belgo-Italiana, dove lavoro. Sono le 8.55. Io abito a dieci minuti a piedi dall’ufficio, ma tutti gli altri arrivano con i mezzi pubblici. La notizia delle due esplosioni in aeroporto è appena arrivata. Gloria scrive “Ragazzi, io sono in metro, cosa faccio: scendo?” e poco dopo: “non ce l’ho fatta, non me la sentivo proprio. Sono scesa all’ultimo”. Un quarto d’ora dopo arriva la notizia dell’esplosione alla fermata di Maelbeek, la stessa dove sarebbe dovuta passare Gloria.

Ora è sera, siamo tornati tutti a casa. Continuiamo a seguire le notizie come voi, tentando di costruire un puzzle con tutte le dichiarazioni e i bilanci lanciati sui social e i giornali online. Certo, il puzzle per noi è un po’ più chiaro…perché sappiamo riconoscere le dichiarazioni catastrofiste, quelle troppo ottimiste, quelle semplicemente fuori luogo. Ma non solo, i luoghi citati non sono solo nomi, ma i nostri luoghi, quelli dove viviamo e lavoriamo. Quelli segnati nelle nostre agende, i cui impegni, ora, sono stati tutti cancellati. E fuori le sirene continuano, a ricordarci che sì, è proprio successo. È successo veramente anche questa volta, solo che stavolta è successo qui.

3 pensieri su “Stiamo tutti bene, siamo in ufficio.

  1. Tutto quello che ho provato. Vivo a Bruxelles, quel giorno non c’ero, fortunatamente ero in Italia per le vacanze pasquali, anticipate, ma sensazione più devastante è stato proprio sapere che fosse successo alla propria quotidianità. Non c’ero eppure ero lì, perché i luoghi stavolta non erano solo punti di una mappa mille volte trasmessi dalla tv o cercati sul pc. Stavolta erano veri, reali, presenti, nella mente e nella vita di ogni giorno, in una quotidianità che all’improvviso diventava ferita e sanguinante. Luoghi veri, conosciuti, vissuti. Eppure, contemporaneamente, l’istinto di sopravvivenza primordiale che parte a livello cerebrale e ti fa sperare: no, non è vero, non sta succedendo veramente qui. Un conflitto, lacerante, silenzioso, immediato, di pochi secondi, forse minuti, in cui non sai più niente o così ti sembra. Chi sei, cosa fai, dove andrai. Tutto sembra fermarsi. Poi, la vita è più forte, e quel momento di smarrimento, prima o poi comincia a dissiparsi e a passare. Per chi è sopravvissuto o non era lì. Per le vittime, e i loro cari, invece, tutto si è fermato, per davvero. A loro, il pensiero e il loro ricordo. With love for Brussels, Fede

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  2. Un articolo veramente ben scritto, mi è venuta la pelle d’oca. Mi stavo chiedendo proprio come ci si sentisse, a sentire di esplosioni in luoi conosciuti, ma non solo, frequentati, ormai consumati. Dev’essere terribile.
    Grazie del tuo contributo.

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