di Greta Galeotti
“GUERRA E TREMENTINA” di Stefan Hertmans
Se, come seguaci dei futuristi, credete nello schiaffo e nel pugno, non leggete questo libro.
Se siete come loro pronti a bruciare il passato per ottenere una piana superficie su cui costruire un futuro scintillante, non leggete questo libro.
Se camminando per strada non vi siete mai immaginati come figure appannate tutta la gente che lì ha camminato prima di voi, non leggete questo libro.
Se mai avete sentito l’incongruenza che separa i vostri ricordi di bambino con i bambini di adesso, non leggete questo libro.
Se non avete mai sentito il peso precoce della barriera tra le generazioni, non leggete questo libro.
Se avete sentito avvampare dentro di voi la nostalgia di un tempo passato da poco ma irrimediabilmente perduto, leggetelo a piccoli sorsi.
Si può dire che tutto ruoti intorno a un orologio rotto: l’orologio che il nonno dell’autore gli consegna da ragazzo, che gli scivola inesorabilmente dalle mani e si spacca sul pavimento. Quell’orogloio è sopravvissuto alla Grande Guerra – ma non sopravvive nella stretta del nipote.
Si può dire che tutto ruoti intorno ad questa rottura perché esso rappresenta l’abisso che separa il nonno dal nipote, il Prima e il Dopo un evento che ha cambiato il mondo, in maniera tale da rendere il passato precluso, alieno a chi viene in seguito. È una rottura che apre un abisso – non solo tra il nipote e il nonno, ma tra le generazioni del Prima e del Dopo. Ed è il motore che spinge l’autore ad indagare la portata del cataclisma che è stata la Grande Guerra – attraverso la storia vera, la storia di uomo, la storia del proprio nonno. Senso di colpa? A tratti, credo.
Ma è proprio la dimensione umana di questa indagine a salvarla dalla fredda asetticità di una mera indagine storica – nonostante parta dai luoghi, dai fatti, dai reperti, dalla ricerca sul campo. L’indagine intreccia i ricordi propri del nipote e i ricordi del nonno registrati nei suoi diari, conditi con una grande quantità di senno di poi, che aprono grandi spazi di riflessione quando a queste sue generazioni si aggiunge la terza, quella del figlio dell’autore. Al passato del Prima e del Dopo il grande evento si unisce l’Hic et Nunc e si creano inaspettate sintonie tra gli abissi che dividono tre realtà così paradossalmente vicine e distanti.
C’è sempre un rischio, in questo tipo di indagine: di costruire un personaggio, più che una persona. Credo che sia ancora più vero quando tentiamo di immaginare chi siano stati davvero i nostri genitori, i nostri nonni. È inevitabile e questo libro deve fare i conti con una figura che è già mito nei ricordi dell’autore, prima ancora di diventare l’esempio del passaggio di un’epoca.
Tuttavia, il lato di biografia romanzata a mio avviso non esaurisce il senso del libro. L’indagine sull’umanità del nonno diventa metafora sull’umanità di un’epoca, e mentre l’uomo è salvato dal diventare mero simbolo dalle sue vicende particolari, sull’altro piatto della bilancia si mostra l’umanità dell’autore, che con ogni frase, ogni scatto, mostra l’amore per suo nonno e insieme per il suo Paese, con la malinconia per ciò che ci è vicino ma irrimediabilmente perduto.