Nota per la lettura: la lettera che segue è stata scritta a fine dicembre, nei giorni in cui la maggior parte di noi ha lasciato l’isola. Leggerla oggi ha già un altro sapore, ma spero si conservi in tuttə noi un poco di quell’emozione che abbiamo provato nel lasciare San Servolo. L’invito è a leggerla ripensando a quel momento! Buona lettura.
Il piede indugia un attimo a mezz’aria prima di posarsi sulle strisce giallo-nere della banchina. Poi la consapevolezza che il 5.2 parte a :06 e che ho tre bagagli inconcepibilmente pesanti da portare mi fa tornare alla realtà e scendo dal vaporetto.
Questo era il mio ultimo 20. Certo, lo so potrò tornare in isola quando vorrò.
Ma questo era il mio ultimo 20.
Ecco, non voglio che questo incipit faccia pensare troppo ad un assignment sulla familiarizzazione, né a un’invettiva contro il trasferimento del Collegio a Santa Marta (preferisco aspettare di averne fatto esperienza per giudicare e comunque non è questo lo scopo di quel che scrivo in questo caso). In altre parole, il mio non è un posizionamento in un dibattito tra team Santa Marta e team San Servolo. Abbiamo lasciato l’isola, ci trasferiremo. Non c’è nessun dibattito. Scrivo questo pensiero perché la trasformazione a cui andiamo incontro è profonda e perché andarmene dall’isola mi ha coinvolto molto emotivamente, come credo, in un modo o nell’altro, abbia fatto con chiunque (che la si sia abitata per qualche mese o per qualche anno). Chiamiamola lettera a San Servolo, anche se della lettera non penso avrà la forma.

Proprio oggi mi sono trovato a pensare, in uno dei miei ultimi giri per l’isola, a Linea20. A Linea20, guarda tu che stranezze la mente umana quando è emotivamente scossa! Mi chiedevo se il blog di collegio si sarebbe chiamato ancora così a gennaio, una volta che la 20 sarebbe diventata per noi collegiali una linea di vaporetti tra le tante. Poi mi sono ricordato che una discussione di questo tipo l’avevo già affrontata e mi sembrava mi fosse stato detto che il nome sarebbe rimasto invariato, ma ormai era troppo tardi: le considerazioni sul blog avevano lasciato spazio a quelle sull’isola e sulla comunità collegiale in generale. E i dubbi, le incertezze, le paure, ma anche i progetti, sono tornati per l’ennesima volta in questi giorni ad affacciarsi alla mia mente.

Sì, perché la domanda “Con quale legittimità si chiamerà ancora Linea20?” ha lasciato subito spazio a “Con quale legittimità senza San Servolo ci chiameremo ancora Collegio Internazionale?”

Di tutto quel che ho vissuto fino ad ora come collegiale, l’isola, insieme alle persone intorno a me, rappresenta il fattore principale. Con la solitudine imposta, l’estraneità rispetto alla città, le stranezze, la bellezza, San Servolo è stata ben più che “la mia residenza”. Mi sembra di afferrare, ora che mi trovo a scriverne, l’espressione “il paesaggio è un personaggio”.

Mi stavo dilungando a scrivere di come le difficoltà imposte dall’isola fossero invece dei preziosi insegnamenti, ma mi è sembrato patetico, ognunə li leggerà nella maniera che meglio crede e penso non stia a me né a questa lettera di ammaestrare nessunə.
Mi sembra solo che l’isola, proprio al momento di abbandonarla, si sia fatta immensa. Da che ci sembrava piccola e opprimente mi rendo conto che è composta da una miriade di posti che custodiscono altrettanti ricordi. Posti che restano impressi, ognuno associato ad un preciso avvenimento: una chiacchiera, un ballo o uno scazzo. Posti che ci siamo costruitə (metaforicamente e non) e che abbiamo “fatto nostri”. Posti che per i due tipi che portavano i tre cani ogni giorno, per lə bambinə del camp o per lə malcapitatə che ogni tanto prendevano alloggio sul nostro atollo della laguna sud non rappresentavano nulla di speciale.

Non ha senso qui stare a ripercorrerli o cercare di annoverarli tutti. Chi c’era li ricorda bene e poi ognunə ha i suoi. Posti, posti, posti: San Servolo è piena di posti eppure mi sembra di poter dire che è vera la legge per cui “San Servolo è maggiore della somma delle sue parti”.

Non possiamo sapere come sarà Santa Marta, non possiamo sapere se quest’anima ci sarà ancora e rappresenterà ancora una componente così centrale della nostra esperienza di collegiali. Però possiamo sapere quello che c’era sulla nostra isola, quello che stiamo lasciando. E fermarci un momento a riflettervi. E magari anche il 20 questa sera si fermerà per saltare la corsa.
Questo era proprio il mio ultimo 20.
Non voglio con questa lettera, lo ripeto, lanciare un messaggio del tipo “rimpiangeremo San Servolo!”
Quello che voglio dire è che ora che l’ho appena lasciata, io lo sto facendo.
Fra
Dedicato a tutte le collegiali e tutti i collegiali che hanno abitato anche solo per un po’ l’isola di San Servolo e a tutte le collegiali e i collegiali che verranno, perché non ci si dimentichi mai da dove si viene.
