Il contadino che c’è in te

L’agricoltura estensiva è una cosa obsoleta dicevano. Il settore primario è in decrescita. I pascoli ormai si vedono solo nei documentari e nei cartoni di Heidi. E invece agricoltura e pastorizia non solo sono le nostre origini, ma sono meno lontane dal nostro quotidiano di quanto si potrebbe immaginare tutt’ora. Dite che deliro?

Non penso proprio. Lo sapevate che delirare viene dal latino de lira, letteralmente “lontano dal solco”? Quale solco? Quello tracciato dall’aratro. Delirare nasce con un significato concreto, cioè “sbandare dal tracciato con l’aratro”, e passa a quello astratto. Ma non è certo l’unica parola a cui è successo così. Anzi, la maggior parte ha avuto un percorso simile di significato.

Per esempio, un altro termine un poco inusitato è “egregio”. Non scrivete mai “egregio professore” come incipit alle vostre mail: troppo formale, sembra quasi una presa in giro. Una volta si usava molto di più. Anche questo aggettivo ha un’origine interessante: indica qualcuno che si distingue dalla massa, ma allo stesso tempo ha origini umili. Viene da ex  grege: “fuori dal gregge”. Questa volta, una lucida metafora dalla pastorizia per chi si distingue dai “pecoroni”.

Una volta, per non essere considerati ignoranti – “capra” è la metafora preferita di urla televisive piuttosto famose – bastava leggere, scrivere, fare di conto. Di nuovo, “leggere” e “scrivere”, i verbi dell’alfabetismo, vengono dai campi: legere in latino arcaico voleva dire “raccogliere”. Prima i semi con le mani, poi le parole con gli occhi. I romani, insomma, ragionavano per metafore. Scribere, invece, aveva la stessa radice del termine per dire “solco”, scrobis. E la pagina? Era il settore di terreno, di solito rettangolare, piantato a filari. Avete mai provato a guardare un vigneto dall’alto? Un foglio a righe.

Alto e basso si contaminano ancora di più quando pensiamo al letame. Già. “Letame” ha la stessa radice di “lieto”, perché fa felice la terra. “Lieto”, in latino laetus, voleva dire innanzitutto fertile, come anche il termine felix: “felice”.

Last but not least: avete mai avuto un rivale in amore? Spero non sia un’espressione già passato di moda. In ogni caso, non era così poetica come ora: “rivale” ha la stessa radice della parola latina per dire fiume, cioè rivus. Perché? Perché l’impianto idrico non era esattamente come ora e si era costretti a condividere i canali di irrigazione. Le contese erano così frequenti, che fu facile passare dal significato di “due che condividono il canale” a “due litigano per l’acqua” a “chiunque litiga”.

La facilità di questi passaggi logici, il continuo dirigersi dal concreto all’astratto, è una delle cose belle della mente umana. O no?

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