Di Giulia Barison
“Cosa facciamo questa sera?”
“Non lo so, sarei un po’ stanco. Poi è lunedì.”
“È solo un giorno come tutti gli altri.”
“Non lo so.”
“Possiamo fare qualsiasi cosa tu voglia.”
“Ti ho detto che non lo so. Poi ho fame.”
“Possiamo andare a mangiare qualcosa da qualche parte.”
“Non ho soldi.”
“Possiamo andare in quel ristorantino, quello vicino a Porta San Tommaso, quello con le tovagliette a quadretti blu e bianchi. Ci inventiamo un cruciverba per passare il tempo su quei quadretti, mangiamo il pane, ordiniamo un po’ di acqua dal rubinetto e poi scappiamo.”
“…Mi sembra un’idea grandiosa.”
“Andiamo?”
“Finisci quello spritz e andiamo a casa.”
“Potremmo andare in Piazza dei Signori, distenderci nel bel mezzo della piazza e aspettare i fuochi di artificio, quelli di Capodanno. O, se hai fretta, l’alba. Lo capisci subito quando albeggia, il cielo diventa del colore di questo Campari.”
“…”
“Oppure potremmo aspettare la pioggia, hanno dato pioggia per questa notte, e metterci a correre come matti sugli scalini di marmo, o pietra lavorata, o quello che è, del Duomo e vedere chi cade per primo. Ovviamente cadrei io per prima.”
“Possiamo andare a casa?”
“Potremmo almeno bere un altro spritz, poi sai quanto bello diventa il mondo.”
“…”
“Prendiamo la macchina e facciamo qualche gara futurista con qualche autista anonimo?”
“Oppure prendiamo la macchina e andiamo a casa.”
“Tu di romanticismo non ne sai molto.”
“Non sono romantico.”
“Sei davvero fortunato.”
“È ironico?”
“Assolutamente no. Sei disilluso e semplice, questo ti aiuterà molto nella vita.”
“Lo so.”
“Pensavo lo fossi, però.”
“Solo perché scrivo p…”
“No, non per quello. Ma perché il tuo personaggio è romantico. Sai, i minuti contati e quel “passo a salutarti”, le belle chiacchierate sui massimi sistemi davanti a circa cento calici di vino…”
“E poi?”
“E poi boh… E poi io che ti credo romantico.”
“Ma non lo sono.”
“Esatto, non lo sei. Purtroppo.”
“Ma se prima hai detto che sono fortunato a non esserlo.”
“Sì. Finché non la incontrerai.”
“Chi?”
“Mah, sai, quella che ti fa perdere la testa.”
“Forse cambierò.”
“Forse. O forse ti limiterai a regalarle girasoli, giusto perché odia le rose.”
“Che ne sai tu.”
“Io? Io non so nulla. So solo che ora a voler tornare a casa sono io.”
“Perché?”
“Perché, perché, perché. Perché ho fame.”