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René Burri: la linea

Opinione di un appassionato sulla mostra di René Burri: Utopia, ora in corso alla casa dei Tre Oci.

Di Pietro Gozzi

Nonostante la sua fama sia da attribuirsi principalmente a reportage di eventi e personaggi che hanno lasciato un segno nel XX secolo, questa mostra su René Burri ha deciso di concentrarsi su un’altra parte della sua produzione: le foto di architettura. Infatti, nonostante la presenza di qualche ritratto di architetti importanti come Le Corbusier, l’intera mostra si dedica a foto di edifici, di installazioni, e di dettagli architettonici. Una scelta curiosa, ma che mi ha dato occasione di vedere in un unico corpo una porzione della produzione del fotografo che avrei difficilmente potuto apprezzare in altro modo, e che mi ha sicuramente portato ad apprezzare l’artista molto più di quanto non sarebbe stato se avessi visto solamente i famosi ritratti del Che, di Picasso o di Churchill.
Dalle foto esposte alla mostra si riesce a capire quanto la linea, più che ogni altro elemento fotografico, sia la base delle foto di architettura di Burri. Grazie ad un uso sapiente di quest’ultima, il fotografo diventa burattinaio del nostro sguardo, costringendo i nostri occhi a danzare sull’immagine come vuole lui, facendo loro seguire le forti linee che tagliano la foto verso l’alto, poi spostando la loro attenzione in obliquo verso un punto di fuga, per poi fermarsi un momento su un dettaglio poco distinguibile, tornando subito dopo all’immagine nella sua totalità. René Burri riesce ad usare un grandangolo come fosse un macro, facendo della linea solo una linea.
Ed è qui che il concreto si fa astratto: gli edifici, nella loro solida grandezza, diventano poligoni e figure euclidee; gli alberi diventano grosse linee nere che creano fotografie nella fotografia, finestre su piccoli elementi cittadini, gli archi diventano dei tunnel, e la linea è artefice di questa trasformazione, la luce acquista importanza solo perché schiava della linea, il colore (raramente presente) diventa strumento per creare nuove forme e per rimarcare ciò che la linea già diceva, le ombre proiettano altri poligoni su forme quadrate di qualche stop più chiare. Ogni elemento concorre alla creazione di figure semplici, interrotte sporadicamente da figure umane e animali, sagome su superfici altrimenti pure.
Ed è così, con due rette incidenti, che Burri riesce a creare una fotografia che ti tiene impegnato qualche minuto, assorto nei forti contrasti, perso nell’astrattismo che crea bellezza con la semplicità della linea.

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