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1. Vite di nove ipocondriaci eccellenti – Brian Dillon
Traduzione di Alessandra Castellazzi. Il Saggiatore, 2020.
Ai tempi del COVID, la maggior parte di noi ha riscoperto le proprie tendenze ipocondriache latenti. Il libro di Dillon è un bel modo di rimettere in prospettiva l’ipocondria: raccontando le fobie di nove tra artisti, scienziati, letterati, ed eccellenze di vario genere, Dillon esplora il legame tra la creatività e un insieme di ansietà, forse l’occasione per riconsiderare la situazione con un po’ di “speranza tormentata”, come recita il titolo in originale.
2. Draghi e Principesse. Fiabe impertinenti dell’Ottocento inglese – AA. VV.
A cura di Laura Tosi. Marsilio, 2003.
Siamo tutti abituati ormai alle fiabe in versione Disney degli inizi. Principesse che vengono salvate, draghi cattivi, principi che arrivano al momento giusto, stregacce arcigne. Ma cosa succederebbe se ai draghi piacessero i sonetti e i tè delle cinque? E se i principi studiassero matematica e filosofia? Che principessa è una che tira di scherma e ammaestra draghi ben prima di Daenerys Targaryen? Perché una fata madrina dovrebbe far arrivare un automa a corte? Se pensavate di sapere tutto sulle fiabe, questa raccolta di fiabe inglesi scritte tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vi farà cambiare idea.
3. E se smettessimo di fingere? – Jonathan Franzen
Traduzione di Silvia Pareschi. Einaudi, 2020.
Einaudi traduce il controverso saggio di Franzen originariamente pubblicato sul New Yorker nell’autunno 2019. Un testo senza fronzoli e dritto al punto: se si è sotto i trent’anni, sicuramente si sarà testimoni dell’apocalisse climatica, quindi di raccolti rovinati, incendi, economie che implodono, inondazioni, migrazioni di massa per sfuggire a regioni dove il caldo o la siccità sono diventati intollerabili. Franzen è molto chiaro nella sua presa di posizione: per non rimanere frustrati dall’inazione globale, bisogna smettere di fingere che il cambiamento sia ancora reversibile e cercare di pianificare per l’inevitabile, approccio che Franzen definisce come un nuovo modo di sperare. Per rivedere le proprie priorità, in un modo o nell’altro.
4. Via dalla pazza folla – Thomas Hardy
A cura di Enrico Mistretta. Fazi, 2016.
Non dovremmo avere bisogno del – solitamente – tragico Thomas Hardy in tempi tanto cupi. Eppure, questo romanzo, a metà tra dettagliato realismo e idillio idealizzato, potrebbe essere un buon compagno nelle lunghe sere d’inverno del 2021. Gli spazi aperti della campagna si apriranno per voi nella consapevolezza delle difficoltà e delle crudeli tragicità della vita, ma anche delle sue soddisfazioni e piccole gioie. Un romanzo agrodolce attraverso cui vi accompagnerà il solido Gabriel Oak (nomen omen, dicevano i latini), tra speranze, sfortune, cambiamento, disgrazie, amore, tradimenti, pettegolezzi – insomma, situazioni e personaggi per cui provare empatia o in cui rispecchiarsi. Una protagonista forte e indipendente e il suo affrontare la vita con determinazione e crescente consapevolezza sono il centro di questo catartico percorso verso una confortante tenerezza.
5. La schiuma dei giorni – Boris Vian
Traduzione di Gianni Turchetta. Marcos y Marcos, 2005.
“Colin posò il pettine e, armatosi di un tronchesino, tagliò obliquamente gli angoli delle sue palpebre opache, in modo da rendere misterioso il suo sguardo. Era costretto a farlo spesso, perché ricrescevano in fretta.” Come il jazz che tanto amava, Vian prenderà le vostre certezze su come si descrivano cose, persone, eventi e sensazioni, le scombinerà e ve le restituirà riarrangiate mentre cercate di capire cosa vi sia successo.
6. Le vie che orientano. Storia, identità e potere dietro ai nomi delle strade – Deirdre Mask
Traduzione di Francesca Pe’. Bollati Boringhieri, 2020.
Un saggio ironico e provocatorio, che invita a osservare la quotidianità che ci circonda con occhi diversi, ovunque siamo: da Roma a Londra, New York, Calcutta, Berlino, Soweto, l’avvocatessa Deirdre Mask guarda alla diacronia degli spazi urbani, a come si dirama il nostro presente vissuto, attraverso incontri, interviste, documenti. Per ricordarsi di prestare sempre attenzione al “paradosso di venire a patti con una collettività definita, che inevitabilmente definisce”, nelle parole di Liza Candidi.
7. Gli uccelli – Tarjei Vesaas
Traduzione di Silvia Epifani de Cesaris. Iperborea, 2017.
Vedrete il mondo attraverso gli occhi di un “idiota” per la società che lo circonda, ma che è in grado di percepire il volo di una beccaccia o una carezza sul viso con una profondità travolgenti. Un libro sulla difficoltà di comunicare e capire, sulla solitudine e sulla bellezza, raccontato in una prosa che ricorda le fiabe, forse l’unico linguaggio in grado di trasmettere questa esperienza del mondo a chi non può capire.
8. Il lettore – Bernhard Schlink
Traduzione di Chiara Ujka. Neri Pozza, 2018.
Il romanzo – parzialmente autobiografico – è una riflessione sul passato, del singolo e di una collettività. Torna a eventi ormai trascorsi con la consapevolezza di chi li ha già vissuti, selezionando e dissezionando momenti, immagini, percorsi. Un libro asciutto e al contempo quasi lirico, che affronta uno dei temi più bui attraverso l’iniziazione sentimentale di un ragazzo e l’esperienza dell’uomo che è diventato. Dal romanzo è stato tratto un film – The Reader – diretto da Stephen Daldry, con Kate Winslet (che per la sua interpretazione ha vinto un Oscar e un Golden Globe) e Ralph Fiennes.
9. Il senso di Smilla per la neve – Peter Høeg
Traduzione di Bruno Berni. Mondadori, 1994.
Un thriller con un pizzico di fantascienza che vi farà riconsiderare il modo in cui vivete il freddo. Il romanzo segue le indagini indipendenti di Smilla Qaavigaaq Jaspersen, figlia di una Inuit della Groenlandia e di un medico danese, sulla morte di un bambino suo vicino di casa. Il romanzo non affronta solo temi come le problematiche post-coloniali della Danimarca, le differenze di classe, il razzismo e l’emarginazione sociale, ma anche la sensibilità tutta particolare di una outsider a tutti gli effetti, che non si sente davvero né Inuit né danese, che conosce ogni possibile manifestazione del gelo e che trova che i numeri siano ben più comprensibili degli altri esseri umani.
10. Vibration Cooking; Or, The Travel Notes of a Geechee Girl – Vertamae Smart-Grosvenor
University of Georgia Press, 2016.
Un libro di cucina che è anche diario, saggio, autobiografia, raccolta di aneddoti, denuncia, riflessione – solo un libro, come lo definisce l’autrice. Antropologa della cucina nota negli Stati Uniti soprattutto per i suoi programmi televisivi e radiofonici, nonché per i suoi articoli e documentari, e per essere stata una delle figure del Black Arts Movement tra gli anni ‘60 e ‘70, Vertamae Smart-Grosvenor racconta della sua vita, della sua famiglia, della cultura afroamericana (e delle altre), della Francia, della musica attraverso ricette più o meno precise e ordinate come meno ve lo aspettereste da un ricettario, perché si dovrebbe cucinare “per vibrazioni”. Se volete una lettura su cui tornare più e più volte, Vertamae fa per voi.
BONUS FOR ENGLISH SPEAKERS: Dear Octopus.
L’autrice inglese “Dodie” (Dorothy Gladys) Smith è oggi famosa soprattutto per aver scritto La carica dei 101 (The Hundred and One Dalmatians, 1956), ma fu anche una prolifica drammaturga soprattutto tra il primo e il secondo dopoguerra. La commedia Dear Octopus (rappresentata per la prima volta nel 1939) è priva di una vera e propria trama e si concentra sulla famiglia, “quel caro polipo ai cui tentacoli non sfuggiamo mai del tutto, e da cui, nel profondo del nostro cuore, non vogliamo davvero sfuggire”. Se avete sentito la mancanza di zie matte, battibecchi, parenti burberi, nipotine, disagi, affetto, nostalgia, perdita, riappacificazione – insomma, se volete immergervi nell’esperienza cenone senza il rischio di parlare di politica o di covid, questa pièce fa per voi. Il testo completo della play è di difficile reperibilità, ma se ne può ascoltare online la versione registrata per BBC Radio, magari bevendo una tazza di cioccolata calda con i biscotti. Per chi preferisce il cinema, nel 1943 ne è stato tratto un film diretto da Harold French, con Margaret Lockwood e Michael Wilding.