Primavere a confronto

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La primavera è la mia stagione preferita, eppure quest’anno ho potuto godermela solo dalla mia finestra, guardando la magnolia fiorire e poi, pian piano, perdere il rosa dei fiori, che è stato sostituito dal verde delle foglie. L’anno scorso, invece, ho avuto la fortuna di vivere l’esperienza della primavera in Giappone, e in questi giorni di quarantena, la nostalgia mi ha spesso portata a riguardare le foto di quel periodo. Mi sono chiesta se parlarne fosse fuori luogo, se forse non fosse il momento sbagliato per racconti di viaggio, ma sono giunta alla conclusione che no, non possiamo lasciarci sopraffare dall’incertezza: non sappiamo quando potremo prendere di nuovo un aereo, ma il mondo intorno a noi continua ad esistere in tutto il suo splendore, così come il susseguirsi delle stagioni, e avere ricordi a cui aggrapparsi nella speranza di ripeterli presto non può che alleviare le preoccupazioni di questo periodo.

L’anno scorso mi sono trasferita a Tokyo pochi giorni prima della settimana di piena fioritura, detta mankai, che in Giappone viene sempre prevista con calcoli molto accurati. Quando è arrivata, ho passato varie ore in coda con migliaia di altre persone per ammirare questi fiori così delicati. Ero affascinata dalla loro bellezza, ma soprattutto dalla pazienza e dedizione con cui i giapponesi formavano file lunghissime solo per ammirare alberi fioriti. Mi sono domandata cosa penseremmo, in Italia, se vedessimo una coda di persone che attendono con calma di poter avvicinarsi ad alcuni alberi e scattarsi le foto con i loro fiori. In Giappone, invece, questa pratica è così comune e popolare che nelle zone più gettonate vengono inviate forze dell’ordine per gestire il traffico pedonale, che aumenta a dismisura nelle giornate di mankai. Prendendovi parte, mi sono resa conto che non avevo mai davvero apprezzato la primavera, a parte per il fatto che essa segni la fine dell’inverno e l’avvicinarsi dell’estate. Non è meraviglioso provare così tanto entusiasmo per un fenomeno naturale che si ripete ogni anno sempre uguale? 

Man mano che i petali cadevano, la folla diminuiva e la necessità di poliziotti a dirigere il traffico pedonale veniva meno. La bellezza però non è sparita: si è depositata a terra, lungo le strade o sull’acqua del fiume, e per ammirarla non si doveva più alzare lo sguardo, bensì abbassarlo. La breve vita dei fiori di ciliegio è forse il motivo per cui essi, fra tutti, sembrano essere i più famosi e i più apprezzati: sono una rarità, e fortuna e tempismo sono fondamentali per vederli nel momento del mankai. Ma ho potuto notare, mese per mese, come l’entusiasmo per la natura non se ne andasse insieme ai petali di sakura e ai turisti venuti per ammirarli. Le folle erano sparite, ma gli eventi dedicati alla fioritura di altre tipologie di fiori si sono susseguiti durante tutta la stagione delle piogge e fino alla fine dell’estate.

In ognuna di queste occasioni, il buon umore generale si poteva quasi toccare, ma non era dovuto al bel tempo – la primavera e la stagione delle piogge non sono esattamente periodi di cielo terso, in Giappone: derivava dai fiori, dal fatto che fossero lì, come l’anno prima e quello prima ancora, finalmente sbocciati e come sempre bellissimi. Anche quest’anno, nonostante tutto, i ciliegi sono fioriti colorando prima i cieli e poi le strade, solo che per ammirarli è stato necessario ricorrere a servizi di streaming. Ma l’anno prossimo torneranno ancora, e anche quello dopo.

L’anno scorso, a Tokyo, percepire l’entusiasmo e il fascino per la vita che aleggiava tra i presenti sotto le distese di ciliegi mi aveva fatto pensare che non fosse così necessario cercare di riempire la mia vita di eventi e attività grandiosi, che per ammazzare la noia sarebbe bastato un occhio più aperto, uno sguardo più attento a ciò che c’era fuori dalla mia finestra. Quest’anno ho dovuto fare proprio questo: accontentarmi della mia finestra. E credo che forse, finita l’emergenza, anche noi impareremo ad apprezzare di più la natura, sia in occasioni speciali come la fioritura giapponese, sia nella semplice forma di qualche albero lungo la solita strada che facciamo ogni giorno per andare a lavorare o a lezione.

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