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Note dal fronte orientale #2

Sul tetto dove sto accarezzando la consueta brezza serale, sale un fiol. Snello e robusto, la canottiera larga da cui escono due braccia solide, pelle bronzea, capelli castani e mossi tagliati corti, un’ombra di barba che sai diventerebbe folta già al terzo giorno senza rasatura, e occhi che sembrano dello stesso colore dell’ambra. Non che mi sia innamorato, mettiamo le cose in chiaro, però immagino che per una fia o per chiunque altro non dovrebbe essere un brutto spettacolo, tutto qui. Ha un sorriso sincero, ché lo capisci subito che uno del genere ne ha viste e passate e ora sa che posto può riservargli il mondo, senza illusioni. Sul tetto sto accarezzando quella brezza nella penombra, tra le luci della sera. Siedo ad un tavolo. Il fiol viene e mi chiede se bevo qualcosa. È il barista dell’ostello.

Orco cane, ti pare che io non beva qualcosa?

Mezz’ora dopo siamo in tanti attorno a quel tavolo. Qualche russo, un paio di messicane, uno spagnolo, due tedeschi, il gruppo di francesi, un’armena, una colombiana, una cilena e tutti gli israeliani che bazzicano di lì. Io trinco una birra israeliana, che per definirla birra ci vuole coraggio eh, ma pur sempre di malto fermentato si tratta – o almeno spero. È lì anche il barista moro, si chiama B. e dice che è appena tornato dall’America Latina, se l’è attraversata tutta da un capo all’altro. Sotto gli occhi ambrati sorride spontaneamente.

Ah sì?, rido, hai per caso fatto come Che Guevara?

No, non come Che Guevara, però sono stato a casa sua ad Alta Gracia. E appena dice questo io metto fuori le ali alla Red Bull. L’effetto dura poco, torno coi piedi per terra. E di’ un po’, gli chiedo, sei stato nell’esercito qua, vero?

Vero.

Tre anni?

Tre anni.

Tre anni?, chiocciano i due tedeschi, ma è obbligatorio qua, oh?

È obbligatorio, sì. Parti per la leva dopo i quattro anni di scuola superiore, appena diciottenne. Tre anni per i ragazzi, due per le ragazze. È obbligatorio. Gli occhi di B. ciondolano un po’ di qua, un po’ di là, riescono a sostenere gli sguardi di tutti.

E com’è stato?, sparo la domanda a bruciapelo.

Una grande esperienza di formazione, risponde, e stavolta il sorriso lascia il posto alla fermezza degli occhi e del tono della voce. Poi continua, incontri grandi compagni, ci vivi assieme, impari cose: un bel periodo della mia vita. Spesso duro, ma bello.

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