Visitare il padiglione di Israele dopo quello degli Emirati Arabi è stato un po’ come bere la Pepsi dopo la Coca Cola. Sicuramente c’è chi preferisce la prima nonostante la vera regina del mercato sia la seconda. Ebbene, ascoltando altri pareri, vale lo stesso anche per questi due padiglioni. Tuttavia io non avrei dubbi a incoronare la detentrice della “miscela segreta”.
Nonostante l’ordine delle mie viste sia stato casuale, sono contenta di averli visitati a breve distanza l’uno dall’altro. Infatti, questo mi ha aiutata a cogliere più facilmente i vari aspetti dei due diversi approcci di paesi con sfide ambientali in realtà molto simili.
La principale somiglianza è che entrambi i padiglioni hanno sviluppato la visita sulla base di un’atmosfera “famigliare” data dalla famiglia di Sara negli Emirati Arabi e da quella di Moran Atias in Israele.
Ebbene sì, durante la visita interna di questo padiglione i più attenti erano sicuramente gli uomini. Le gambe vertiginose (e virtuali) della modella israeliana compaiono sul telo allestito immediatamente prima dell’entrata del padiglione, distogliendo (fortunatamente) l’attenzione dalla scenografia falsa quasi quanto quello della pubblicità di “Paperissima” e dall’annoiata e disinteressata introduzione del presentatore che rigurgitava parole da copione.
Una volta entrati, il padiglione si divide in due salette. Nella prima, seduti su ampi scalini, assistiamo a un video in cui la Atias sembra spiegare le scoperte e i progressi tecnologici fatti dal paese nel corso degli anni come unici ritrovati della sua famiglia. Il sistema di irrigazione a goccia, la principale di queste invenzioni, è quello più valorizzato, nonché la base della comunanza con gli Emirati. La scarsità d’acqua e il difficile rapporto con una natura e un suolo indifferenti alle carezze, al sudore e ai muscoli tesi dell’uomo vengono ripresi anche da Israele; costituiscono la miscela bruna e gassosa delle due bevande, tanto simile alla vista quanto diversa al gusto.
Le luci si spengono, e il buio si protrae nel tempo e nello spazio perché anche la seconda (e ultima) sala è oscurata. In pochi minuti, le gambe affaticate degli spettatori si rilassano mentre a tendersi verso l’alto sono i loro volti. Con il naso all’insù, guardano accendersi di un bianco ceruleo alcune insegne a forma di spighe di grano e satelliti appese al soffitto. E mentre la bocca dei più piccoli si schiude e nei loro teneri occhietti si rispecchia il delicato bagliore delle insegne luminose, le mascelle degli adulti si spalancano per l’ultima volta perché la Moran Atias ci saluta e scompare dagli schermi. La porta d’uscita si apre e gli uomini si voltano di scatto, ma ad aspettarli è un ragazzo della vigilanza che invita ad uscire. Tuttavia, nonostante non sia una modella, la vera bellezza del padiglione è davvero lì fuori ad attenderli. Alta poco più di lei e forse anche più prosperosa, ecco la meraviglia israeliana che questa volta lascerà a bocca aperta anche le donne: i campi del domani. Un bellissimo e maestoso muro di coltivazioni percorre tutto un lato del padiglione, simbolo di una futura agricoltura intelligente, attenta all’utilizzo dello spazio e dell’acqua.
Voglio lasciarvi con questa immagine, perché i ciuffi della chioma della natura, baciati dal sole dolce e dal vento mite dell’autunno continueranno a ondeggiare anche nei miei stessi ricordi. Tuttavia, ci tengo a specificare che quei campi credo siano il jolly che il padiglione ha giocato nel tentativo di oscurare gli Emirati, forse in parte riuscendoci. Nonostante ciò, il video di questi ultimi è stato sicuramente più incisivo in termini di un’acquisizione di consapevolezza e riflessione sulle risorse del mondo.
Idealmente parlando, credo che se l’intento didattico degli Emirati Arabi si fosse unito alla cura estetica mostrata da Israele ne sarebbe uscita una bevanda paradisiaca. Tuttavia, i due padiglioni rimangono due entità distinte e in concorrenza tra loro, e quindi la sfida Pepsi o Coca Cola, notorietà o quotidianità, bellezza o significato, rimane aperta.
di Ginevra Gatti