IN PRIMA LINEA
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Uscito nelle sale statunitensi a metà 2023, Past Lives è il nuovo gioiellino della corona di A24, la casa di produzione cinematografica che è riuscita a ottenere un seguito di fans al pari di certi blockbusters, a seguito di produzioni di altissima qualità come Moonlight, The Lighthouse e Everything Everywhere All at Once. Il film è semi-autobiografico, prendendo ispirazione dalle vere vicende di vita della regista e sceneggiatrice sudcoreana-canadese Celine Song (al suo debutto direttoriale) e racconta la storia di due amici d’infanzia, Nora Moon e Hae Sung, nel corso dei 24 anni che iniziano dal momento in cui la famiglia della protagonista decide di emigrare in Canada, separando per sempre i due protagonisti.
Negli anni successivi, Nora Moon e Hae Sung si riconnettono su Facebook, ma le loro strade si separano ancora una volta, fino a quando, 12 anni dopo quel breve periodo di riavvicinamento, finalmente si rivedono a New York, dove Nora vive con il marito Arthur.
I due vecchi amici si ritrovano, raccontandosi vicendevolmente le loro vite, cercando di riepilogare in poche frase gli ultimi anni vissuti a distanza, e capiscono che la chimica che percepivano quei due dodicenni in Corea del Sud c’è ancora, che si capiscono, che stanno bene insieme e che sono felici. Questo è il momento in cui vi dovrei dire che Nora decide di lasciare tutto ciò che ha costruito in America, matrimonio compreso, per tornare in a Seul insieme a Hae Sung, e vissero per sempre felici e contenti. Ma non è così: in Past Lives, così come nella vita, questo non succede.
«What if this is a past life as well, and we are already something else to each other in our next life? Who do you think we are then?»
Il finale fiabesco disneyano è quello per cui lo spettatore, soprattutto in certe parti della pellicola, tifa e spera di vedere, ma sa anche che se accadesse, Past Lives sarebbe banale e prevedibile. Invece, questo è il film dei “what if-s?”, quelle grandi domande senza risposta che sono gli stessi protagonisti a porsi, esplicitamente, durante il loro incontro a New York: cosa sarebbe successo se Nora non fosse mai emigrata? E se avessero deciso di vedersi dopo essersi ritrovati online, invece che aspettare altri 12 anni? E se Nora non si fosse sposata? Tutte questioni che non troveranno mai una soluzione, ma che donano a questo film l’aura di un sogno mai realizzato.
In questa storia ci sono lui, lei e l’altro: il marito di Nora. Un individuo inizialmente poco apprezzabile, all’apparenza un po’ pigro, quasi trasandato, ritratto imbambolato davanti alla televisione mentre gioca alla PlayStation. Mentre l’idea della favola a lieto fine è ancora possibile, egli rappresenta l’antagonista, colui che trattiene l’eroina della storia dal raggiungere il suo vero amore. Lo si riscopre, però, con l’andare del film. Arthur è assolutamente consapevole della situazione, del fatto che la donna che ha sposato 7 anni fa sta per incontrare il suo primo amore d’infanzia, mai dimenticato, e lo rimarca durante un dialogo – la mia parte preferita del film – in cui dice:
«In this story I would be the evil white American husband standing in the way of destiny.»
Nonostante questo, capisce quanto sia importante dare a Nora la possibilità di ricongiungere le estremità di questa storia che per così tanto tempo ha lasciato in sospeso, accettando il rischio che il finale possa non essere il migliore per lui. Riesce anche a accettare che, forse, non riuscirà mai a conoscere qualcun’altro in ogni suo dettaglio, nemmeno sua moglie, che ci sarà sempre un angolino impenetrabile agli altri, troppo prezioso e fragile.
«You dream in a language I can’t understand. It’s like there’s this whole place inside you I can’t go.»
Past Lives riesce a raccontare in maniera dolce e delicata come l’amore, a volte, sia una questione di tempismo, di essere al posto giusto nel momento giusto, e di come la scelta più razionale e realistica sia anche quella più coraggiosa.
