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Chi ha la fortuna di godere di buona salute ha pochi motivi per soffermarsi sul corpo e sulla sua relazione con l’esterno: se gli organi funzionano, possiamo fare tutto, mangiare, camminare, fare l’amore… Diamo per scontato il nostro stato, il nostro essere, la nostra realtà.
Ho sempre pensato che non fosse il numero delle pagine di un romanzo a determinarne ricchezza e densità. Immergermi in Come d’aria non ha fatto che rafforzare questa mia convinzione: un libro così compatto che ad averlo tra le mani quasi ci sembra di provare a trattenere solo un leggero refolo d’aria e invece, dentro di sé, possiede tutto. A pensarci bene chi è che decide cosa e quanto sia necessario scrivere per trasmettere al lettore un messaggio, un insegnamento? Ada D’Adamo ci mostra nel suo brevissimo libro che forma ha l’amore puro, raccontandoci una storia d’amore straordinaria, quella con sua figlia Daria.
Ada è una ballerina praticamente da sempre, danza da quando aveva tre anni e mezzo; possiede una disciplina ferrea, aspira a raggiungere la perfezione e nella sua vita desidera la bellezza. Nel 2005, mentre è incinta di Daria, trascorre i mesi lavorando a un libro su teatro e disabilità, ben consapevole che la sua vita dopo il parto cambierà. Lo sa ed è pronta: di certo però non ha idea della valanga che le sta per cadere addosso. Sua figlia, infatti, nasce con una grave malformazione cerebrale, purtroppo non diagnosticata dagli esami prenatali. Ada ha un iniziale, comprensibile, senso di rifiuto e smarrimento, ma poi si lascia inevitabilmente avvolgere da un affetto quasi totalizzante per questa bimba magica che stravolge ogni sua convinzione: Ada comprende ben presto che c’è bellezza anche in un corpo diverso, che contravviene a qualsiasi tipo di regola.
Nel corso delle pagine vengono raccontati vari momenti vissuti da madre e figlia nel corso degli anni, dalle situazioni affrontate (e a volte subite) in ambito medico-riabilitativo ai ricordi legati alla sfera relazionale: il rapporto con il babbo, con la famiglia d’origine, il ruolo di amiche ed amici. Quando Ada scopre di avere un tumore è terrorizzata dal fatto che che la malattia e le cure a cui dovrà sottoporsi possano allontanarla dalla figlia, tuttavia avviene esattamente il contrario. Entrambe tradite dai loro corpi, si ritrovano effettivamente più distanti a livello fisico, dato che il loro contatto è impedito dagli ausili medici dei quali le due donne devono servirsi per affrontare la quotidianità. L’unico luogo nella quale hanno la possibilità di ricongiungersi in un abbraccio «sferico» diventa l’acqua:
Bisognerebbe potersi immergere ogni giorno in una pozza d’acqua nella quale, stretti in un abbraccio, sciogliere per un po’ il peso della vita. Poi risalire la scaletta, asciugarsi, rimettersi sulle spalle il proprio carico.
La distanza fisica non riesce a ostacolare un amore così potente: un intreccio di corpi, di anime che trovano, a dispetto di ciò che sembra ragionevolmente possibile, un modo per comunicare e ritrovarsi talmente vicine da dissolversi l’una nell’altra:
Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada, sarò D’Aria…
Non descrivere troppo nello specifico la trama in questa recensione è una mia precisa scelta: non voglio privarvi di ciò che possono donarvi le parole dell’autrice, anche perché è suo intento non nascondere nulla al lettore; ciò che posso anticiparvi è che persino il dolore più sordo qui è pervaso da una luce, da una dolcezza che riesce a stemperare ogni inquietudine. A questo punto dovrei dirvi perché, secondo me, Come d’aria dovrebbe vincere il Premio Strega 2023; la verità è che non trovo un solo motivo per il quale NON dovrebbe vincerlo. È un’opera prima che in un certo senso rimarrà tale per sempre; avvolge e coinvolge il lettore con una scrittura semplice che riesce ad unire grazia e ferocia. Ci fa indignare, ci emoziona, ci scava dentro; e dopo averlo concluso niente è più come prima.
di Elena Saviolo
