Il quinto capitolo di “Festa Mobile” mi permette di approfondire due argomenti: “Addio alle Armi”, noto romanzo di Hemingway, e la figura di James Joyce. Per ora mi focalizzerò sul primo, lasciando spazio a Joyce nei prossimi capitoli.
In “Una falsa primavera” Hemingway narra di una giornata primaverile completamente dedicata a sua moglie Hadley e alle corse dei cavalli. <<C’erano delle corse a Enghien, il piccolo, grazioso ippodromo tentatore che era il regno degli outsider>>, scrive l’autore, <<così quel giorno una volta finito il lavoro saremmo andati alle corse>>. Fu proprio là che Ernest incontrò <<uno che>> conosceva <<dai vecchi tempi di San Siro a Milano>>. Hemingway, come altri noti artisti della sua epoca, ad esempio Dos Passos e Fitzgerald, visse in prima persona la Grande Guerra e, per lo più, in Italia. Egli non fu mai reclutato come combattente a causa di un difetto di vista, ma operò per anni nei servizi di autoambulanza (ARC, American Red Cross). Una delle sue prime tappe, una volta arruolato, fu proprio Milano dove, probabilmente, conobbe il personaggio sopra citato.
“Addio alle Armi” (titolo originale: “A Farewell to Arms”), venne pubblicato nel 1929 in America, ma quasi un ventennio dopo in Italia, perché ritenuto offensivo da parte del partito fascista. Il romanzo, in parte autobiografico, racconta l’esperienza di guerra di un giovane americano, Frederic Henry, arruolato in Italia come conducente di ambulanze. Egli, inizialmente entusiasta, proverà, nel corso della storia, la disillusione dei suoi ideali bellici che rendevano così affascinante e romantica la guerra e deciderà addirittura di venir meno al suo dovere e fuggire in Svizzera insieme a Catherine Barkley, una giovane infermiera inglese della quale si era innamorato. E’ questo, quindi, un romanzo di grande importanza storica, ma anche di carattere fortemente romantico, inoltre, la figura di Frederic, perfettamente assimilabile a quella di Hemingway, rappresenta appieno la “Generazione Perduta”, una generazione disillusa, che ha perso fiducia nei valori tradizionali e che ne cerca di nuovi.
Fu Fernanda Pivano* a pubblicare clandestinamente, nel 1943, “Addio alle Armi” in Italia (e per questo fu arrestata, ma questa è un’altra storia). La Pivano sostiene che Hemingway scrisse questo romanzo basandosi sulla sua esperienza di giornalista in Tracia durante la ritirata Greca (1922) e che il titolo possa contenere un duplice significato; la parola “arms”, infatti, oltre che “armi” significa anche “braccia” e, con “A Farewell to Arms”, l’autore poteva intendere sia un addio alla guerra, sia un addio “alle braccia” della donna amata. Perché un “addio alle braccia” della donna amata? Questo lo scoprirete solo leggendo il romanzo.
*Fernanda Pivano (1917-2009) fu una delle più grandi scrittrici, giornaliste, traduttrici e critiche musicali e letterarie italiane. Amica di Primo Levi e alunna di Cesare Pavese, venne iniziata dal primo ai grandi romanzi americani dell’epoca, fra i quali quelli dello stesso Hemingway, ai quali rimase sempre fedele e che studiò, analizzo e criticò durante tutto il corso della sua vita.
di Giulia Barison