Contributo esterno di Gioia Pellizzari
Lo capisci quando ti trovi di fronte a negozi che sono fermi nel tempo dagli anni ’70, con le insegne ormai fuori moda scolorite dal sole che filtra tra i tetti: il sestiere di Castello è la Venezia di cuore, quella di quartiere, quella dei palazzi stretti dagli angusti terrazzini arrugginiti, così geograficamente vicini e così sentimentalmente lontani dagli splendori di Piazza San Marco. A Castello non c’è grandiosità, nessun abbaglio aureo, che qui è invece abbaglio di lampade a LED, nessun intreccio incessante di voci. A Castello la vita è come quella di un qualunque quartiere di una qualunque città un po’ démodé, dove il panettiere è sotto casa e i bimbi giocano a pallone nella piazzetta alle cinque di pomeriggio, dove le calli sono tutte un po’ più strette e un po’ più intricate, i mattoni un po’ più rossastri. Quasi un rifugio per i flâneur solitari che cercano quiete e una bellezza nascosta, che non si vede sulle cartoline. Passeggiarci è entrare in una Venezia al ralenti. Addentrarsi e poi dimenticarsi dove sia finito il Tempo, perdere improvvisamente tutte le coordinate, perché in fondo, tra quell’ammasso di pareti, finirai per perdertici.