Premio Strega 2024: Adelaida di Adrian N. Bravi 

IN PRIMA LINEA

Ho capito quando le vicende storiche possano determinare le nostre vite. Non che prima non lo sapessi, ma con lei ho avuto la certezza che siamo, in effetti, una conseguenza della storia e che le nostre scelte, per quanto personali e deliberate, sono sempre determinate dagli eventi” (Adrian N. Bravi, 2024)

Adrian N. Bravi è uno scrittore argentino, trasferitosi in Italia per gli studi di Filosofia nell’università di Macerata, ha messo radici in quella terra nell’incontro tra i Sibillini e l’Adriatico. Vicino alla biblioteca dell’università dove oggi lavora, a solo mezz’ora di macchina, ha incontrato Adelaida, quando lui aveva ventiquattro anni e lei sessantadue. Erano a Recanati, città natale di Adelaida.  Ermo colle del suo esilio, cui oltre la siepe lei vedeva i grattacieli di Buenos Aires.

Il libro, pubblicato da Nutrimenti, è uno dei dodici candidati al Premio Strega 2024. Racchiude tra la carta delle sue pagine (segnate da orecchiette e pieghe, circa una ventina, alla fine della lettura) la biografia di Adelaida Gigli: donna, artista, ceramista, intellettuale, scrittrice, figlia, moglie, madre, conoscente, compagna, … 

Adrian N. Bravi ci racconta di Adelaida in una biografia che va oltre all’obiettività dei fatti per mantenere viva la memoria di una sua amica, una delle figure femminili in prima linea durante la dittatura Argentina del secolo scorso. L’Io narrante, presente in ognuno di noi, tenta di tenere a distanza di sicurezza la vita personale e politica, su due binari paralleli: la vita di una donna, come tante altre, e la storia dell’Argentina Peronista, il Processo di Riorganizzazione Nazionale (la dittatura civile-militare argentina dal 76 all’83), il dolore dei Desparecidos, … Binari che si fondono alle alte temperature del caldo estivo, poiché la loro memoria, scissa dalla prospettiva individuale, diventa una faccenda politica.

Adelaida Gigli nasce a Recanati, figlia del pittore Lorenzo Gigli. La sua infanzia si specchia nelle opere del padre, nella campagna marchigiana e nella quiete dei colli cantati da Leopardi. È il 1930 quando il padre, durante un’esposizione dei suoi quadri durante la Biennale di Venezia, incontra Mussolini. L’anno seguente partirono per l’Argentina, quando Lorenzo accettò la cattedra di disegno all’Università di Architettura di Buenos Aires. La famiglia Gigli si era lasciata un regime alle spalle e al suo arrivo in Argentina ne aveva trovato un altro. Il 6 settembre 1930, qualche mese prima, il generale José Félix Uriburu aveva rovesciato il governo costituzionale di Hipòlito Yrigoyen, il primo colpo di stato argentino che diede inizio a un’alternanza di governi militari e movimenti di ribellione. 

Adelaida studia Filosofia e Lettere, e durante il periodo dell’università incontra David Viñas, futuro compagno e padre dei suoi figli. Insieme fondano la rivista Contorno, un punto di riferimento per l’Argentina degli anni Cinquanta (…), una revisione della storia a partire dalla condizione esistenziale, politica e sociale. La chiamavano la “Mujer del Contorno”.

Nel ‘54 nacque Mini, Maria Adelaida Viñas Gigli, e l’anno dopo Lorenzo Ismael Viñas Gigli, entrambi Desparecidos, dopo essersi uniti al Movimento Peronista Monteneros, un gruppo di guerriglia argentina che voleva il ritorno al potere di Juan Domingo Peròn. “Le nostre conversazioni allora erano lucide e belliche allo stesso tempo, ma disgraziatamente i nostri figli ci ascoltavano e hanno creduto a quello che dicevamo” disse Adelaida in questa frase riportata da Hèctor Anabitarte nel suo libro Estrechamente vigilados por la locura (1982)

Cos’è un Desparecidos

In un’intervista stampa del ’79, il dittatore Jorge Rafael Videla rispose a questa domanda: “Intanto chi si trova in questa condizione, è un’incognita. Se ricomparisse, bene, avrebbe un trattamento X, e se la ricomparsa si convertisse nella certezza del suo decesso, avrebbe un trattamento Z. Non ha entità, non c’è. Non è né morto né vivo. È un desparecidos”. 

Oggi, il termine riporta ai dissidenti scomparsi durante la dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983. Ne sono simbolo le Madri di Plaza de Mayo, l’associazione delle madri dei desparecidos, che si riunirono per la prima volta nel ’77 in Plaza de Mayo a Buenos Aires, con un fazzoletto bianco annodato sulla testa a simboleggiare la protesta contro il regime che aveva strappato il cordone ombelicale che li univa, lasciando solo dolore. Molte come Adelaida “forse sognavano solo di unirsi ai (loro) stessi figli attraverso l’assenza di sentire la vicinanza di una tomba” o come il padre, Viñas che fece spargere le sue ceneri sul Rìo de Plata, per essere accanto ai suoi figli.

Dopo la scomparsa dei figli Adelaida fu costretta a lasciarsi alle spalle l’Argentina, ormai diventata un luogo troppo pericoloso per il ruolo che aveva avuto durante la dittatura. Tornò a Recanati dove si dedicò alla scrittura e alla ceramica, come le era stato insegnato anni prima in Venezuela, dalla comunità Timotocuicas. 

Sublimava nell’arte il suo passato, lo affrontava, gli dava un senso attraverso le sue opere, in particolare nel momento in cui venivano modellate, per poi lasciarsele indietro una volta terminate.  Viveva l’arte in un modo puramente personale. Nelle sue sculture troviamo i suoi figli, l’esilio, la sua famiglia, le dittature da cui è dovuta scappare chiedendosi continuamente quante volte devo nascere ancora? 

Viveva tra due lingue e le usava all’occorrenza per far tacere quegli spettri interiori che la perseguitavano di continuo. Si raccontava tra l’italiano e l’argentino, usando l’italiano per guardare da lontano, da spettatore la sofferenza della dittatura, l’esilio e la perdita dei suoi figli che aveva vissuto come protagonista.

Mentre leggevo la sentivo vicina, mi sembrava di vederla seduta accanto a me, con una sigaretta in mano, smozzicando fuori dal posacenere, e con uno sguardo che mi studiava. I libri sono persone, e questo porta il suo nome. 

Adrian N. Bravi ha reso immortale una donna notevole, che nella sua essenza ha vissuto pienamente. Una donna che sono lieta di aver conosciuto attraverso le sue parole: intera, piena, poliforme. Una folata di vento, che quando passa ci regala un senso di freschezza, accettazione di noi stessi, nella complessità dell’essere umano in conflitto con gli spigoli che fuoriescono dai vestiti che si cuce e gli cuciono addosso.

Grazie Adelaida, “che il tutto o il nulla possa accoglierti con lievi mani” (Adrian N. Bravi)

Grazie Adrian.

Mio padre mi portava sulle spalle

Salendo e scendendo queste colline

Così, più alta di un uomo,

giurai amore eterno.

Poi papà mi portò da un’altra parte

E lì feci ciò che l’età offre:

feci l’amore e uccisi l’amore.

Oggi salgo e scendo le stesse colline

Sui miei passi,

più bassa di un uomo”

di Isabella Ponza

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