HUMANS OF VENICE #42 – Chiara Valerio

Nella città in cui Aldo Manuzio ha posto le basi del mestiere dell’editore e dove oggi ha sede la casa editrice Marsilio, i libri sono ovunque: dagli scaffali delle biblioteche universitarie ai negozietti dell’usato nascosti nelle calli, dagli incunaboli della Biblioteca Marciana alle novità delle case editrici.

Chiara Valerio, nata a Scauri sulla costa tirrenica, è veneziana di adozione. Non solo ama leggere i libri, ma li scrive e li “fa” anche: già autrice di numerosi libri, dal 2017 ricopre il ruolo di responsabile della narrativa per Marsilio Editori. Con il suo ultimo romanzo Chi dice e chi tace, pubblicato da Sellerio, è una dei sei finalisti del Premio Strega 2024: le abbiamo fatto qualche domanda riguardo al libro in un’intervista per Il Chiasmo che vi invitiamo a recuperare. Come redazione, le abbiamo chiesto quale sia il suo rapporto con la città, l’acqua e i libri e cosa significhi occuparsi di cultura a Venezia, dentro e fuori la casa editrice.

Venezia: città o paese? Cosa, di questo luogo che è capoluogo di regione, lo rende una città e in quale misura, e per quali aspetti, è assimilabile invece a un paese?

Incontri le persone per la strada, le guardi in viso. le riconosci anche senza conoscerle. Cenni del capo in vaporetto, sorrisi sghembi dal macellaio. È bello, si capisce che la comunità esiste anche senza like ed haters. È una bolla social con una certa estensione fisica e corpi umani che devono campare e dunque lasciar campare. Ora che ci penso forse dovevo arrivare a Venezia e starci per tornare narrativamente a Scauri con Chi dice e chi tace.

Nel 2024 Più Libri più Liberi, la fiera romana della piccola e media editoria, è approdata a Venezia dando vita a Più Libri Più Laguna. Come è cambiato il format e quali riflessioni sono state fatte per rendere il progetto adatto al contesto veneziano?   

Il progetto nasce a Venezia insieme alla Libreria Marcopolo e a Palazzo Grassi. Dunque, è nato a Venezia insieme a due realtà culturali veneziane che amo e le cui iniziative e lavori seguo da anni. Ci siamo parlati, l’abbiamo immaginato e lo abbiamo fatto. Venezia è la città degli incroci. Nasce come la città degli incroci. La manifestazione letteraria organizzata dall’Università Ca’ Foscari, dall’Università di Padova e dal comune di Venezia si chiama proprio “Incroci di civiltà”. Venezia è piantata sull’acqua e l’acqua si mischia, filtra, spunta, e ancora trasforma.

Parlando di luoghi: lei ha diretto la fiera Tempo di Libri a Milano e poi a Roma Più Libri Più Liberi, oggi lavora come editor a Venezia presso la casa editrice Marsilio. Come cambia il lavoro in casa editrice quando si passa dai grandi centri come Milano e Roma a un luogo più periferico rispetto al mercato editoriale come Venezia? Fare libri a Venezia è, riprendendo Leonardo Sciascia, «come coltivare fichi d’india a Milano»?

La mia vita editoriale comincia a Roma nella redazione di Nuovi Argomenti che era allora ed è ancora edita dalla casa editrice Mondadori. Ho lavorato quasi dieci anni in una casa editrice che stampava poco meno di trenta titoli all’anno e adesso questo è un numero di titoli inferiore alle collane di cui mi occupo più specificamente e in maniera non esclusiva. Dunque prima di parlare di centri dell’editoria bisognerebbe parlare di case editrici. La casa editrice Marsilio è una casa editrice nazionale in un grande gruppo che è Feltrinelli e porta con sé l’eredità e dunque l’immaginazione di tutto ciò che è stata l’editoria veneziana e Venezia medesima da Manuzio in qua.

Sempre a proposito di Più Libri Più Laguna: oggi la lettura è un atto perlopiù solitario (ciascuno legge per sé, scandendo silenziosamente le parole nelle propria testa), eppure al contempo si moltiplicano i festival dedicati ai libri e gli incontri con gli autori, occasioni di dialogo e condivisione. Di recente, si è diffusa la moda dei reading party. Pensa che stia cambiando il nostro modo di concepire e praticare la lettura? Quali bisogni e quali desideri ritiene che siano alla base di questo cambiamento?

No, penso che abbiamo bisogno di luoghi dove segnare le appartenenze. Penso che per molti, i festival letterari e le fiere funzioni come luoghi come le sezioni di partito o gli oratori o i circoli del dopolavoro dove si andava per costruire, settore per settore, una immaginazione a partire da una memoria (stanno poi, fisiologicamente, nello stesso posto del cervello, la memoria e l’immaginazione). Ho letto questo libro ed è possibile che abbiamo qualcosa in comune. Ho letto questo libro e anche se non abbiamo qualcosa in comune forse possiamo parlare. Ho letto questo libro e mi è piaciuto per questo e a te? Ho letto questo libro e non avevo pensato a quello che ci hai visto dentro tu. I libri funzionano come le lettere dell’alfabeto con la quale ci si può accogliere e attraverso i quali ci si può detestare. Senza alzare le mani. Dunque, non credo che stia cambiando il nostro modo di praticare la lettura, anche se siamo le prime generazioni esposte, attraverso i dispositivi, a un mondo tutto scritto. Credo che sia prepotente la nostra esigenza di riconoscerci insieme e non solo ciascuno per conto proprio. E la lettura che esercita alla gestione del tempo e dello spazio – ognuno legge un libro dove vuole e ci impiega il tempo che vuole – esercita anche al tempo e allo spazio degli altri.

di Viviana Corazza e Sofia Soldà

Immagine di Viviana Corazza

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.