FEDELI ALLA LINEA
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Così come l’anno accademico riprende, e noi studentə lentamente ci riabituiamo alla routine universitaria, allo stesso modo Linea 20 si rimette in moto. Ciclicamente ci si deve adattare ai cambiamenti inevitabili all’interno della redazione, bilanciando il desiderio di non perdere le connessioni sviluppate negli anni passati con i contributi che i nuovi membri, come la redazione tutta, possono e vogliono apportare. Legami che non crollano, ma devono evolversi per continuare ad esistere.
Evoluzione che la stessa comunità collegiale ha sperimentato sulla propria pelle, ormai più di un anno e mezzo fa. Prima la principale connessione era il vaporetto: la Linea 20, da cui deriva il nome del blog, costituiva il ponte principale tra una realtà a sé – nella sua indipendenza, singolarità, ma anche solitudine – e l’affollata e frenetica Venezia. Ora, invece, sono i ponti veneziani e, in particolare, quelli di Santa Marta, a essere la quotidianità che ci troviamo a vivere, che ci permette di esplorare e conoscere uno dei pochi quartieri che prova a resistere al turismo di massa e alla gentrificazione estrema che fanno di questa città un caso unico al mondo.
Tutte le realtà in cui viviamo ci in-segnano e lasciano qualcosa. E questo è vero anche per le esperienze all’estero che lə collegialə vivono e in cui moltə si trovano proprio in questo momento: Michelangelo Nardi, per esempio, ci invia da Tokyo una riflessione sulle implicazioni della scelta di studiare giapponese (La sottile arte di farsi ponte tra due culture senza scivolare giù).
Si guarda spesso all’Erasmus come il ponte per eccellenza tra culture diverse, grazie a cui immergersi in contesti socioculturali più o meno diversi da quelli a cui siamo abituati: a questo proposito, Michela Biocca ci accompagna in un viaggio linguistico alla scoperta delle differenze semantiche tra la lingua italiana e quella coreana (Le gambe come ponti) . Credo, però, che l’esperienza Erasmus ci possa far conoscere molto anche di noi stessi, non solo attraverso le piacevoli scoperte che un soggiorno in un altro paese comporta, ma soprattutto attraverso la mancanza, l’assenza, e anche la nostalgia.
Il concetto di ponte è molto più esteso, vario, e allo stesso tempo sfocato. Guardando allo storico dei numeri dell’anno passato, infatti, non possono non notare come il tema scelto per il numero dell’ottobre scorso – i margini – e l’attuale tema dialoghino tra di loro quasi naturalmente. Una coincidenza fortuita e calzante che ci ricorda come i modi di vedere al mondo siano situati: è sufficiente riconoscere e allontanarsi da una condizione di privilegio che in moltə condividiamo, per rendersi conto di come la posizione che ricopriamo nella società influenzi la nostra interpretazione di ciò che ci circonda. Non a caso, quello che ad alcunə appare come un ponte o una connessione, non necessariamente fisici, per moltə altrə persone corrisponde a un confine, un muro invalicabile, un ostacolo marginalizzante, come Silvia Ruggeri e Teresa Ferraresi descrivono nel resoconto della loro esperienza sul confine bulgaro (Terre senza ponti). Barriere, insomma, frutto di doppi standard eurocentrici e discriminanti, che sono determinate soprattutto dalle narrazioni e dal discorso pubblico, portate avanti nei vari contesti più o meno istituzionali, e che si manifestano al tempo stesso sia nella loro fisicità che nella loro simbolicità.
La stessa brutale fisicità che in queste settimane è tornata nuovamente al centro dell’attenzione in Palestina, più precisamente a Gaza, in quella che è stata definita da numerose associazioni e ONG come la «più grande prigione a cielo aperto» del mondo. Senza alcuna pretesa di essere esaustivi nella narrazione della questione palestinese, e delle cause che hanno portato alla situazione attuale, riproponiamo l’articolo dell’alumnus Alberto Zan che ha raccontato il suo viaggio in quei territori e ha descritto come la costruzione di muri e confini, la cosa più distante da un’idea di ponte, abbiano giocato un ruolo fondamentale nel rigido e sistematico controllo delle vite dei palestinesi da parte di Israele.
Per concludere, in questo numero saranno presentate alcune possibili letture di questa tematica. Certo è che ponti-e-margini, o connessioni-e-confini, sono concetti che difficilmente possono essere scissi, ma che piuttosto si definiscono reciprocamente.
