VenetoNight, incontro con la LIS: quando il gesto evoca la parola

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Nell’ambito delle numerose iniziative che il nostro ateneo organizza annualmente, la VenetoNight rappresenta sicuramente uno degli eventi più attesi e gremiti di gente. Con una ventata di curiosità e raffinate metodologie divulgative, il 27 settembre l’università ha colto l’occasione per inaugurare l’anno accademico, assecondando l’entusiasmo che ha pervaso i cortili della sede centrale: è qui e negli edifici limitrofi che persone dalle età ed estrazioni più disparate hanno fatto esperienza di una vera e propria “immersione” nelle attività dei dottori di ricerca cafoscarini.

La notte dei ricercatori pullula difatti di personalità di ogni tipo e appartenenti ad ogni campo: la si potrebbe definire una semplice serata all’insegna della conoscenza se non fosse per i numerosi spettacoli di musica e teatro organizzati nell’ambito della serata stessa, come ha testimoniato la presenza del poliedrico comico Tullio Solenghi.

Quest’anno ho avuto anche io l’onore di partecipare, esplorare e toccare con mano l’esperienza della VenetoNight: quello che credevo essere un semplice evento universitario si è celermente trasformato in un fittissimo programma di spettacoli, attività e visite guidate che hanno invece piacevolmente riempito la mia serata.

La mia attenzione è stata in particolare catturata da Feel the language, un laboratorio organizzato dal Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati con la collaborazione dei dottorandi Elena Fornasiero, Beatrice Giuliano, della docente Laura Volpato e di alcune studentesse del nostro ateneo. Il titolo del laboratorio, a mio avviso, è più esplicativo di quanto possa essere qualsiasi sua descrizione: scopo delle ore trascorse insieme ai dottorandi e ai docenti è difatti stato quello di “imparare a sentire” in maniera vera e propria la lingua, con attività interattive e delucidazioni riguardanti la comunità sorda, sordocieca e la LIS, meglio nota come lingua dei segni italiana.

Entro i confini del nostro stivale, la conoscenza riguardo tali tematiche non è molto diffusa: non sorprende pertanto che siano proprio la poca inclinazione a questo tipo di argomenti e un’insufficiente sensibilizzazione nelle scuole primarie e secondarie ad essere le cause principali della nascita di falsi miti e disinformazione riguardanti queste disabilità e le comunità ad esse legate. L’università Ca’ Foscari svolge in questo un ruolo centrale, offrendo ai propri studenti la possibilità di frequentare i corsi curricolari di LIS pertinenti alla laurea di primo ordine di Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio: un percorso che non si limita a formare gli studenti per un triennio ma prosegue, dopo la specialistica, con la possibilità di accedere al dottorato di ricerca, come dimostrano i preparati ricercatori con cui ho avuto a che fare nel corso della VenetoNight.

Ma che cos’è esattamente la LIS? La questione è stata snocciolata durante il laboratorio in modo conciso e facilmente comprensibile a tutti, attraverso una serie di attività dai toni leggeri ma mirate alla profonda riflessione. Le definizioni meramente nozionistiche sono state chiarificate con l’utilizzo del simpatico sito Kahoot, una piattaforma online che permette di creare quiz personalizzati; con la modalità multiplayer è stato possibile rispondere ai quiz insieme agli altri partecipanti del laboratorio. È proprio in seguito ai risultati di questo gioco che sono venuti a galla i falsi miti e la dilagante disinformazione pertinente alla LIS. Sapevate ad esempio che il termine non udente è teoricamente inutilizzabile in quanto scorretto a livello giuridico? Quando descriviamo una persona non udente ne descriviamo la deficienza di abilità; utilizzare il termine sordo permette invece di individuare una persona con una peculiare caratteristica e non di definirla in base ad una sua mancanza.

O ancora: sapevate che la LIS non è una lingua universale? È proprio questo il falso mito più difficile da sfatare, poiché la maggior parte degli individui pare crederci fermamente. La LIS, come le lingue vocali, è difatti una lingua naturale, creatasi per un procedimento parallelo a quello delle lingue vocali: come queste ultime, si apprende per esposizione ed immersione nell’ambiente. Non trattandosi di lingue universali potremmo semplicisticamente affermare che esistono tante lingue dei segni quanti paesi al mondo. Ciò che forse più colpisce è che si tratta di lingue indipendenti: la loro grammatica e il loro lessico non sono in alcun modo vincolati alle lingue vocali. La ragione è rintracciabile alle radici storiche della lingua dei segni: la sua diffusione a partire dal ‘700 si differenzia moltissimo da quella canonica delle lingue vocali.

In un articolo genericamente informativo mi è purtroppo impossibile narrare  la storia della lingua dei segni nella sua interezza: mi limiterò a raccontarvi che le diverse esigenze dell’epoca hanno portato la lingua dei segni a svilupparsi e mescolarsi con altre consimili, generandone di nuove le quali hanno seguito un percorso di diffusione molto diverso da quello delle ben conosciute lingue vocali. Una volta compreso ciò, non risulta più tanto bizzarro il fatto che la lingua dei segni americana (in cui è possibile rinvenire forti influenze della lingua dei segni francese) e quella italiana siano molto più simili di quanto non lo siano quella americana e quella britannica. O ancora, il fatto che la LIS abbia una struttura SOV (soggetto-oggetto-verbo), rintracciabile in lingue vocali come il giapponese.

Le preziose informazioni di Feel the language non si sono limitate alla LIS ma hanno anche riguardato nello specifico la parte della comunità sorda composta dai sordociechi. Definiamo sordocieche le persone che soffrono un deficit (anche solo parziale) di vista e udito combinati; i dati ISTAT affermano che ad oggi le persone sordocieche ammontano a circa 189mila, un numero davanti al quale noi partecipanti al laboratorio siamo rimasti colpiti. Per le persone con questo tipo di disabilità la lingua dei segni visivi viene sostituita con una sua variante di cui, troppo spesso, si ignora l’esistenza: la LIS tattile. Questo tipo di comunicazione prevede che il parlante poggi le proprie mani sopra quelle del sordocieco e viceversa, trasferendo così le informazioni desiderate.

Ma, forse, la domanda che il laboratorio della Venetonight si è prefissato di soddisfare fin dall’inizio riguardava i preconcetti del pubblico sulla possibilità di vivere una vita “normale” da sordi o da sordociechi. La risposta, ovviamente affermativa, ci è stata fatta “toccare con mano” attraverso una serie di esperienze dirette legate alla quotidianità: così come per un sordo è possibile “ascoltare col tatto” la musica attraverso una pedana sensoriale in grado di riprodurre le intense vibrazioni della melodia, così è possibile per un sordocieco mangiare in totale autonomia, esperienza che ho provato personalmente durante il laboratorio una volta bendata e con dei tappi infilati nelle orecchie.

O ancora: pensate che solo le persone udenti possano godersi il rap incalzante di Eminem? Vi sbagliate di grosso: è forse ancora più impressionante l’interpretazione in ASL (American sign language) di RAP GOD realizzata dalla talentuosa Amber Alloway Gallego.

Il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati e i suoi dottorandi si sono dimostrati altamente competenti nel divulgare, con semplicità e chiarezza, informazioni che trattano di realtà troppo spesso sentite come distanti. Ad oggi l’obiettivo è che le conoscenze e le consapevolezze riguardanti la LIS non rimangano delle asettiche nozioni ma divengano parte della nostra quotidianità: interessarsi e non restare indifferenti a tali tematiche, così come sostenere i nostri ricercatori, è solo uno dei piccoli ma fondamentali passi che possiamo compiere verso un mondo maggiormente inclusivo nei confronti della disabilità.

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