L’11 Marzo 2011 alle 14:46 un terremoto di magnitudo 9 si è abbattuto sulla regione del Tohoku; dato che la scossa ha avuto l’epicentro in mare, dopo alcuni minuti uno tsunami con onde alte oltre 10 metri si è abbattuto sulle coste orientali giapponesi, più precisamente nella regione del Tohoku e dell’Hokkaido. I giapponesi in un modo o nell’altro erano pronti ad un grande terremoto, lo aspettavano da tempo. Ma non ad uno tsunami, almeno non di quelle dimensioni. Così molte città costiere sono andate distrutte, tante persone hanno perso la vita e anche la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi ha subito forti danni,provocando la fuoriuscita di materiale radioattivo.
Disastro dopo disastro questa regione è stata messa in ginocchio dalla natura.
Questo Novembre ho partecipato ad un campo di volontariato organizzato dall’Università del Tohoku. Ci siamo spostati più a Nord della città di Sendai, nella zona più fortemente colpita dal maremoto: Iwate. Un uomo sopravvissuto allo tsunami ci ha accolto al nostro arrivo e con una conferenza ci ha raccontato questo tragico evento, così come è stato vissuto in quella zona in particolare.
Quest’uomo è sopravvissuto sì, ma in quel frangente ha perso tutto: casa, lavoro e amici. Nonostante questo, ha trovato la forza di rialzarsi e ha cominciato a fare la guida per tutti quelli che desiderano visitare la zona.
Inizia mostrandoci dei suoi video, girati durante lo tsunami. Lui era salvo sulla vetta di una collina e vedeva di fronte a sé una marea di acqua che violentemente mangiava tutta la pianura. La sua pianura. Ci porta su quella stessa collina un’ora più tardi. E lì mette a confronto le foto scattate prima e subito dopo lo tsunami, mentre noi possiamo vedere il dopo, con i nostri occhi. L’intera vallata, che prima era una cittadina, con case, negozi, distributori di benzina, alberi e tutto il resto, adesso è solo terra. Terra spianata dai camion, strade appena asfaltate e collinette qua e là. L’erba stava ricrescendo, la natura tornava. Ma niente di più.
Di tutta la valle solo due edifici sono ancora in piedi. La stazione del treno e un edificio abitativo.
La stazione è stata lasciata così come lo tsunami l’ha trasformata. All’interno ci sono rami, interi alberi trasportati dalla forza dell’acqua, fili sconnessi, travi cadute. La facciata è rimasta la stessa, disegni colorati per invogliare i turisti a venire in quella divertente cittadina marittima. Solo un particolare è stato aggiunto. Sulla parte alta dell’edificio, c’è un cartello. Sul cartello c’è solo una linea rossa con scritte nere: “T.P. 14.5m. TSUNAMI 2011.3.11”.
Facciamo un minuto di silenzio nel piccolo santuario per le vittime che è stato costruito davanti alla stazione. Il minuto passa, ma nessuno ricomincia a parlare.
Anche il secondo edificio è simile, trattandosi però di appartamenti. Le finestre sono tutte senza vetri, le verande distrutte e la stessa linea rossa all’ultimo piano dello stabile.
Dopo aver visto come i luoghi sono stati gravemente feriti, abbiamo incontrato le persone. Ci siamo spostati al campo di emergenza lì vicino, un insieme di casette fabbricate subito dopo lo tsunami per tutti coloro che avevano perso un tetto. Molti ormai si sono già rifatti una vita e una casa altrove. Ma molte persone, soprattutto quelle anziane, quelle che non riescono e non vogliono cambiare casa ancora una volta, dopo 4 anni dalla catastrofe sono ancora qua.
Sono queste persone che aiuteremo, poco, solo per un giorno, pulendo le grondaie, i vetri, il condotto dell’aria condizionata, cercando di farle parlare, di aprirsi.
La casa della signora Sato è grande 3 metri X 4 metri. Ci entra solo lei e alcune delle sue cose. Io e i miei colleghi volontari ci diamo il cambio dentro e fuori. La aiutiamo a pulire il condotto dell’aria e poi parliamo. Ci racconta che quando è scappata era con la vicina di casa. Non ha famiglia, quindi non doveva preoccuparsi di nessuno, afferma che non ha sofferto molto. Si trova bene, ripete, se non per la lontananza dai negozi, e per il costo troppo alto delle materie prime. Sembra una donna forte, ne ha superate tante. Magari però sta solo nascondendo il suo dolore. Ha avuto paura, ma sopravvive.
Una cosa è certa, nessuno si è lasciato andare. Chi è sopravvissuto è rinato dalle ceneri, si è inventato nuove professioni, e ha cercato di andare avanti. “Accettiamo tutto questo”, mi ha suggerito una donna giapponese, “non superiamo.”